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FATTO e DIRITTO
I. La ricorrente si costituisce in giudizio a seguito della trasposizione del ricorso straordinario proposto avverso il rigetto dell’accertamento di doppia conformità in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, richiesto, in applicazione del combinato disposto con l’art. 3 della l.r. n. 14/2009, c.d. “Piano Casa”, per gli interventi realizzati “sine titulo” nella propria abitazione e consistenti nel tamponamento della terrazza con prolungamento del vano scala al fine di ricavare un ulteriore ambiente destinato a studio.
II. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:
a) violazione dell’art. 3, comma 1, lett. a) della l.r. 14/2009 e dell’art. 36 del d.P.R. n 380/2001;
b) eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria e di motivazione nonché violazione del principio di ragionevolezza ed economicità dell’azione amministrativa.
III. Si è costituita l’Amministrazione intimata concludendo per il rigetto del ricorso. IV. Alla Camera di Consiglio del 25 ottobre 2012, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, la causa è stata introitata per la decisione in forma semplificata. V. Il ricorso è fondato.
V.1. L’Amministrazione comunale motiva il rigetto sostenendo che, secondo la normativa regionale invocata, sono computabili solo i volumi legittimi, anche se a seguito di condono, atteso che la finalità e gli ambiti di applicazione della citata legge si riferiscono a interventi da realizzare, non già a quelli realizzati e abusivi, come nel caso di specie.
V.2. L’inquadramento giuridico proposto per la fattispecie oggetto di esame è fuorviante.
V.2.1. Invero, dal combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lett. a) della l.r. 14/2009 e dell’art. 36 del d.P.R. n 380/2001, applicabile al caso in esame, emerge chiaramente che:
1. la disciplina regionale sul c.d. “Piano casa” consente un ampliamento degli edifici residenziali esistenti nei limiti del 20% della volumetria complessiva e, comunque, non oltre i mc. 200 (art. 3), anche in deroga alle previsioni quantitative della strumentazione urbanistica locale (art. 1, comma 2);
2. i “volumi legittimamente realizzati” costituiscono solo la base del calcolo del volume complessivo del fabbricato preesistente (che, dunque, può essere anche solo parzialmente abusivo e, per tale parte, non computabile) su cui commisurare l’ampliamento consentito del 20%, per il quale, nel caso specifico, è, appunto, chiesta la sanatoria;
3. tale disciplina si applica a tutti gli interventi eseguiti sotto la sua vigenza, con esclusione solo di quelli precedentemente realizzati;
4. l’Amministrazione comunale non è in grado di contestare, con certezza, la data dell’abuso dedotta dalla ricorrente, si dà farlo risalire a epoca antecedente all’entrata in vigore della normativa premiale;
5. in virtù del citato art. 36, T.U. edilizia – che richiede, per la sanatoria, la doppia conformità alla disciplina sostanziale di riferimento -, l’abuso in oggetto, meramente formale, risulta sanabile in quanto conforme alla disciplina edilizia vigente sia al momento della sua esecuzione che al momento della presentazione dell’istanza. Trova, infatti, applicazione, in entrambi i momenti storici, la legge regionale che consente un ampliamento pari al 20% del volume legittimo preesistente, nei cui limiti si pone, secondo assunto non contestato, l’intervento aggiuntivo “de quo” (mc. 181,21, inferiore a mc. 200, a fronte di una volumetria complessiva esistente pari a mc. 2437,82).
VI. Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso va accolto, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte.
VII. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese e competenze del giudizio
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