T.A.R. Puglia Lecce – Sez. Prima – Sentenza n. 854 del 2018, pubbl. il 22/05/2018

[…]

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso all’esame, […] impugna l’epigrafato pdc con il quale l’AC di […] ha assentito, in sanatoria ex art. 36 DPR n. 380/01, il balcone chiuso su tre lati aggettante sul cortile di sua proprietà, richiesto dai sig.ri […].
Il ricorso è affidato alle censure di seguito sintetizzate:
Violazione art. 24 REC. Eccesso di potere per falsità del presupposto e carenza istruttoria. Violazione del principio di autoresponsabilità.
Violazione art. 36 DPR n. 380/01. Violazione e falsa applicazione artt. 16 e 89 REC. Falsità del presupposto e sviamento.
Violazione art. 905 CC.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di […] e i controinteressati insistendo per la reiezione del ricorso.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Con un primo ordine di censure, la ricorrente rileva la illegittimità del titolo edilizio in quanto rilasciato sulla scorta di un’errata rappresentazione dello stato dei luoghi, stante la maggiore profondità e la larghezza del balconi di 20 cm (1,20 x 2,40 anziché 1,00 x 2,20).
La circostanza è irrilevante.
Invero, in base all’art.34 ter del DPR 380/2001 “non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”.
In ordine al concetto di singola unità immobiliare, cui ancorare la c.d. tollerabilità del 2%, occorre rifarsi all’art. 40 del d.p.r. 1142/1949, in base al quale si “accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato o insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente”; il termine cespite indica, per definizione, un elemento che rappresenta per una persona una fonte di reddito.
Applicando tali coordinate normative, ne deriva che il balcone di un immobile non può certo costituire un cespite indipendente, sicché è escluso che esso possa costituire la singola unità immobiliare presa in considerazione dal citato art.34 DPR 380/2001, con conseguente necessità di applicare il c.d. limite di tollerabilità non già al singolo intervento edilizio, ma all’unità immobiliare cui lo stesso appartiene (nella specie, l’intero immobile).
Ciò consente di escludere che l’eventuale difformità (rientrante nella c.d. tollerabilità del 2% avuto riguardo all’intera unità immobiliare) tra lo stato di fatto progettuale e quello reale del balcone siano rilevanti dal punto di vista edilizio.
Non risulta convincente neppure la censura con la quale si deduce la illegittimità del p.d.c. in quanto in contrasto con l’art.89 del REC, secondo il quale” negli spazi scoperti interni agli edifici esistenti (cortili chiusi, semiaperti,ecc) non possono essere realizzate costruzioni”.
Come evidenziato dalla difesa civica, l’art.3.9 del REC precisa che la superficie coperta è la proiezione del piano orizzontale del massimo ingombro della costruzione sovrastante il piano campagna, con esclusione dei balconi aperti a sbalzo e degli aggetti normali quali pensiline, sicché difficilmente i balconi possono rientrare fra le costruzioni prese in esame dal citato REC.
Quanto alla violazione dell’art. 905 c.c., la censura è generica.
Come risulta dalla relazione tecnica allegata al progetto si specifica che nel prospetto retrostante “è stato realizzato un balcone interno che affaccia sul pozzo luce, con conseguente trasformazione delle finestre della camera da letto e della sala pranzo in porte”.
In tema di limitazioni legali della proprietà, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all’accesso dell’edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino; nella specie, non si è trattato dell’apertura ex novo di un affaccio nel cortile, dato che lo stesso sussisteva già, indipendentemente dal progetto, ad opera delle finestre(trasformate in porte).
In definitiva, il provvedimento impugnato resiste alle censure rassegnate nel ricorso il quale deve quindi essere respinto.
Sussistono nondimeno giustificati motivi (in ragione della peculiarità della questione) per disporre la compensazione delle spese di lite […]