Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. Seconda Quater, Sentenza n. 9083 del 2018, pubbl. il 30/08/2018

[…]

I ricorrenti premettono di essere rispettivamente nuda proprietaria ed usufruttuario di un immobile sito in […], piano 1 (distinto in catasto al foglio [..], part. 602 sub 69), confinante con immobile dei controinteressati, sito a […], ubicato nello stesso stabile condominiale, ricadente in area avente destinazione urbanistica sottozona B2 e sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 134 del D.lgs. n. 42/04, vincolo sismico.
I deducenti espongono altresì che i controinteressati in data […]1987 avevano presentato domanda di condono ai sensi della legge 28.2.1985 n. 47 relativamente ad alcuni interventi abusivi realizzati nell’immobile di loro proprietà comportati aumento della volumetria esistente (manufatto di mq. 45,00). In data […]1988 il Comune aveva richiesto ai controinteressati di integrare la predetta istanza con la presentazione dei documenti comprovanti la data di ultimazione delle opere entro il […]1983 e l’avvenuta presentazione all’Ufficio tecnico Erariale dell’accatastamento nonché la documentazione relativa all’opera oggetto di sanatoria (progetto, relazione, foto) e la certificazione attestante i requisiti di staticità, sospendendo nelle more l’esame della pratica. Non avendo i controinteressati adempiuto ai predetti adempimenti, in data […]1998 il Comune ne sollecitava la produzione, contestualmente formulando nuove richieste istruttorie, richiedendo altresì la presentazione del nulla osta circa il vincolo idrogeologico, il calcolo dell’importo degli oneri concessori, la prova del versamento degli oneri concessori dovuti, intimandone la produzione nel termine ultimo del […]1998 e “con avvertenza che la presentazione dei documenti richiesti soltanto parziale avrebbe comportato l’improcedibilità della domanda di sanatoria e la sua contestuale reiezione con la conseguente adozione dei provvedimenti di cui alla legge 47/85”. Ciononostante in data […] 2002 il Comune invitava nuovamente i controinteressati a depositare la documentazione richiesta. A seguito di un esposto presentato il […] 2003 a carico dei controinteressati la Polizia Municipale in data […]11.2003, effettuato il sopralluogo, trasmetteva al responsabile del dipartimento tecnico l’accertamento di presunta violazione.
I predetti rappresentano inoltre che l’immobile veniva ulteriormente modificato nel mese di novembre 2003, mediante chiusura dello spazio preesistente tra il fabbricato e il manufatto precedentemente rilevato, come risulta dal verbale del sopralluogo effettuato in data […]16 dal Responsabile dell’Area Governo del Territorio comunicato con nota del […]2016 al Responsabile Polizia Locale, che provvedeva agli accertamenti di competenza, all’esito dei quali, nel verbale n. […]/ED/2016, dava atto che nell’immobile dei controinteressati (distinto in catasto al Foglio […] Part. 462 Sub. 502/503) era stata realizzata in assenza di permesso a costruire una “struttura in muratura di mq 3×4 con copertura), come meglio descritto dalla relazione tecnica.
La ricorrente denunciava gli abusi in questione all’Autorità Giudiziaria in data […]16, depositava un segnalazione in data […]17 al Comune di […] ed in data […]17 presentava al Dirigente dell’Area Vigilanza Urbanistica – Edilizia e lotta all’abusivismo della Regione Lazio una “segnalazione abusivismi urbanistici ed edilizi, richiesta di esercizio del potere sostitutivo della Regione Lazio ai sensi dell’art. 31 della L.R. 15/08.
In data 27.4.2017 i ricorrenti avevano presentato un’istanza di accesso agli atti al Comune e, dopo aver esaminato la relativa documentazione ed appurato che l’Ente Locale non aveva emesso alcun provvedimento sanzionatorio a carico dei controinteressati, avevano notificavano in data […]2017 un formale atto di diffida ad adempiere, rimasto senza riscontro.
Con il ricorso in esame i predetti agiscono in giudizio avverso l’inerzia serbata dal Comune sulle richieste di repressione degli abusi realizzati dai controinteressati sul confinante immobile, lamentando che questi sono “fortemente pregiudizievoli dei diritti dei ricorrenti, in quanto realizzati in violazione altresì delle normative di cui al DPR 380/2001 e al D.lgs 42/04 nonché della normativa antisismica, oltre a costituire fonte di degrado e di deprezzamento dell’immobile in questione” e che il Comune illegittimamente avrebbe omesso di adottare l’atto (dovuto, trattandosi di attività vincolata) di rigetto della domanda di condono n. 1953 del 02.01.1987 (in conseguenza della carenza della documentazione richiesta) ed il conseguente ordine di demolizione del manufatto abusivo e di rimessa in pristino dello stato dei luoghi; nonché l’ordine di ripristino degli ulteriori abusi edilizi (ampliamento di mq. 12 accertato con verbale di Polizia Locale del […].2016) realizzati in epoca successiva alla domanda di condono in area che peraltro risulta plurivincolata.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) violazione di legge in relazione agli artt. 2 L. n. 241/90 e 3 e 97 Cost. – violazione del principio di imparzialità e buon andamento della p.a. – violazione del giusto procedimento – violazione dell’art. 27 e ss. d.p.r. n. 380/2001 nonché della l.r. Lazio n. 15/2008.
2) illegittimità dell’inerzia della PA. – insussistenza del legittimo affidamento in capo al privato – eccesso di potere per mancata attivazione del potere repressivo di abusi edilizi – sviamento di potere – violazione di legge ex artt. 3 e 13 t.u.e.l.
In conclusione i ricorrenti chiedono che, in accoglimento del ricorso, il Tribunale dichiari l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di […] sull’atto di diffida da loro notificato in data […]2017 e, per l’effetto, ordini all’ente locale di concludere il procedimento avviato con la suddetta diffida, adottando i provvedimenti di competenza, in particolare in ordine alla improcedibilità e/o inaccoglibilità della domanda di condono, ivi compresi quelli sanzionatori e ripristinatori, anche con riferimento agli abusi edilizi non oggetto di domanda di sanatoria prot. […]1987 e accertati in data 2[…] 2016; con nomina di un Commissario ad acta in caso di perdurante inerzia.
Non si sono costituiti in giudizio né l’Amministrazione locale né i controinteressati, ritualmente intimati.
Alla camera di consiglio del 26.6.2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato.
Come ribadito anche di recente dalla giurisprudenza in materia, “il ricorso avverso il silenzio rifiuto, ex art. 117 c.p.a., è diretto ad accertare la violazione dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere su un’istanza del privato, volta a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere, così che esso risulta esperibile solo in presenza di un obbligo di provvedere, nascente da specifiche previsioni di legge ovvero dai principi generali ovvero anche dalla peculiarità del caso (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, 18.2. 2016, n. 653; Sez. III, 3.11.2015, n. 5015). La tutela contro l’inerzia della pubblica amministrazione trova infatti il suo fondamento sostanziale nell’art. 2, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale prevede che ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Sul piano sostanziale, l’inerzia dell’Amministrazione e l’omessa emanazione del provvedimento finale, in tanto rileva quale silenzio rifiuto, in quanto sussista un inadempimento ad un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di un procedimento amministrativo preordinato all’adozione di un provvedimento amministrativo ovvero di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico. Sul piano processuale, l’azione disciplinata dall’art. 117 c.p.a., ha lo scopo di attribuire al privato un potere strumentale, di natura procedimentale, volto a rendere effettivo l’obbligo giuridico dell’Amministrazione di provvedere mediante l’adozione di un provvedimento espresso, sancito dall’art. 2, l. n. 241 del 1990, sicché tale strumento processuale non può essere considerato compatibile con ogni pretesa avanzata dal privato che solo apparentemente abbia ad oggetto una situazione di inerzia (….)” (TAR Lazio, Sez. I bis, n. 5468/2017).
In tale prospettiva è configurabile il dovere delle amministrazioni pubbliche di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso “nei casi in cui esso consegua obbligatoriamente ad una istanza ovvero debba essere iniziato d’ufficio”. Per cui, intanto si può considerare illegittimo il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di un privato in quanto questa sia vincolata a pronunciarsi entro un termine prescritto dalla legge, da un regolamento, da un atto di autolimitazione dell’amministrazione stessa, in corrispondenza ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento. Uguale onere di pronunciarsi incombe sulla PA ove lo impongano, in particolari fattispecie, ragioni di giustizia o di equità (vedi, da ultimo, Cons. St., n. 4235/2016). In tale prospettiva l’esistenza delle condizioni che impongono in capo alla PA l’obbligo di provvedere deve essere allegata dall’istante (tanto che è stato ritenuto ammissibile il ricorso contro il silenzio che non sia riferito a precisi obblighi temporalmente scaduti, vedi TAR Friuli sentenza n.530/2016), non essendo a tal fine sufficiente invocare il mero “fatto giuridico” della presentazione di un’istanza e l’inutile decorso del tempo senza ottenere alcun riscontro da parte dell’amministrazione, essendo necessario altresì indicare le ragioni che consentono di considerare antigiuridico il comportamento inerte dell’Amministrazione.
Con riferimento allo specifico caso della denuncia dell’abuso edilizio del vicino presentata dal proprietario confinante, nella cui sfera giuridica incida dannosamente il mancato esercizio dei poteri repressivi degli abusi edilizi da parte dell’organo preposto, il denunciante è ritenuto da ormai pacifica giurisprudenza titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può, quindi, ricorrere avverso l’inerzia dell’organo preposto alla repressione di tali abusi edilizi. Pertanto, a fronte della persistenza in capo all’ente preposto alla vigilanza sul territorio del generale potere repressivo degli abusi edilizi, il vicino che, in ragione dello stabile collegamento con il territorio oggetto dell’intervento, gode di una posizione differenziata, ben può chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti dall’ordinamento, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio-inadempimento, come ripetutamente chiarito anche da questa Sezione (vedi, in tal senso, tra tante TAR Lazio, sez. II quater, n. 5542/2017; cfr., altresì, Cons. St., sez. IV, n. 2468/2012, “il proprietario confinante con l’immobile, nel quale si assuma essere stato realizzato un abuso edilizio, ha comunque un interesse alla definizione dei procedimenti relativi all’immobile medesimo entro il termine previsto dalla legge, tenendo conto dell’interesse sostanziale che, in relazione alla vicinanza, egli può nutrire in ordine all’esercizio dei poteri repressivi e ripristinatori da parte dell’organo competente”).
Alla luce dei principi soprarichiamati, il comportamento inerte dell’Amministrazione (che, nonostante le ripetute sollecitazioni dei vicini, non si attivi) deve ritenersi contrastante con i principi di buon andamento, giustizia ed equità richiamati dalla giurisprudenza in materia, a maggior ragione dopo che l’art. 2, comma 1, L. n. 241 del 7 agosto 1990, nella versione a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 6 novembre 2012 n. 190, sancisce l’obbligo della PA di provvedere – seppur con motivazione in “forma semplificata” con un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo – persino nei casi in cui l’istanza sia inaccoglibile per la “manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda”, superando l’impostazione tradizionale che riteneva, per ragioni di economicità dell’azione amministrativa, che in tali ipotesi fosse del tutto inutile provvedere (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, n. 3827/2016).
In tale nuova prospettiva si è ancor più rafforzata la convinzione che l’obbligo giuridico di provvedere è “rinvenibile anche al di là di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento, ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’amministrazione”. Cosicché non assume nemmeno più valenza giustificativa dell’inerzia serbata dalla PA il fatto che l’istanza non soddisfi i requisiti minimi di contenuto e di forma un tempo necessari per poterla ritenere ricevibile ed ammissibile e, pertanto, per far scattare l’obbligo di pronuncia nel merito da parte della p.a.
Tali considerazioni inducono ad accogliere il ricorso in esame.
L’Amministrazione intimata non s’è a tutt’oggi determinata sulla diffida notificata dai ricorrenti e, neppure a seguito della proposizione del ricorso in esame s’è costituita in giudizio per difendere il proprio comportamento omissivo, rappresentando le ragioni per cui non ha inteso provvedere.
Il Collegio ritiene che, a prescindere dalla fondatezza nel merito delle richieste avanzate dai ricorrenti, la reiterazione delle segnalazioni e denunce con cui i predetti hanno invano tentato di compulsare l’Amministrazione comunale, tenuta a vigilare sull’ordinato e corretto svolgimento dell’attività edilizia nel territorio, avrebbe meritato, nelle specifiche circostanze del caso concreto in esame, una risposta, non solo al fine di definire con immediatezza la vicenda e per mantenere la serenità dei rapporti di vicinato all’interno della comunità locale e rassicurare gli esponenti della correttezza del proprio operato, ma anche in ragione dell’obbligo posto dall’art. 27 co. 3 D.P.R. 380/2001 di verificare la veridicità dei fatti denunciati su iniziativa degli interessati.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, il silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza dei ricorrenti risulta del tutto ingiustificato e costituisce un comportamento contrastante con l’obbligo di provvedere comunque sancito dalle disposizioni normative e dai principi sopra richiamati.
Il ricorso va pertanto accolto esclusivamente ai fini della pronuncia espressa dell`Amministrazione intimata sull`istanza dei ricorrenti nel termine di 60 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza. Non risulta invece necessario, allo stato, provvedere alla nomina di un commissario ad acta per l’espletamento delle attività di cui sopra, ma la nomina potrà avvenire, con oneri a carico dell’amministrazione inadempiente, su specifica istanza dei ricorrenti, per il caso di perdurante inerzia.
[…]