Il Decreto Legge 87/2018 contiene nuove regole in materia di successione, rinnovo e proroga dei contratti a termine
L’art. 19, comma 2, del D.Lgs. 81/2015 – dopo avere ridotto al comma 1 la durata ordinaria del contratto a termine, che passa da un periodo 36 mesi e senza causali a un limite di 12 mesi, oppure di 24 mesi nell’ipotesi in cui siano sussistenti e documentate una delle causali previste ai punti a) e b) del medesimo art. 19 – disciplina gli effetti della successione di contratti a termine tra datore di lavoro e lavoratore. Vale la pena menzionare che, per quanto riguarda la causale, con riferimento alle disposizioni di cui al d. lgs. n. 368/2001 ma con indicazioni di interesse per l’attualità, la S.C. ha spiegato che è essenziale non soltanto l’indicazione circostanziata e puntuale delle ragioni determinative dell’assunzione a termine, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, ma anche la diretta utilizzazione del lavoratore nell’ambito e nelle attività indicate ai fini dell’assunzione (Sentenza n. 22188 del 2018; Sentenza n. 10430 del 2018; Sentenza n. 6183 del 2018).
Il fenomeno della successione dei contratti, nel senso delineato dalla disposizione di cui all’art. 19, comma 2 del D.Lgs. 81/2015 vigente, riguarda esclusivamente l’ipotesi della stipula iniziale e rinnovo o nuova stipula di uno o più contratti a termine.
Posta l’esclusione della proroga dal fenomeno della successione dei contratti, rileviamo che, tra stipule iniziali e rinnovi intercorsi, la durata massima dei rapporti di lavoro a tempo determinato non può superare i 24 mesi nella esclusiva circostanza che si tratti di contratti conclusi per lo svolgimento di:
- di mansioni di pari livello (si ricorda che, in linea di principio, il lavoratore deve essere adibito, tra le altre, a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, per cui tutte le mansioni descritte nelle declaratorie contrattuali di ogni livello del ccnl, pur se afferenti a differenti incarichi, si equivalgono ai fini dell’inquadramento);
- di pari categoria legale (ovvero dirigenti e/o quadri e/o impiegati e/o operai);indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro.
La regola appena enunciata si applica alle seguenti 2 ipotesi:
- Rinnovo del medesimo contratto a termine es: dopo l’assunzione di 1 mese in qualità di impiegato addetto alla contabilità al 4° livello del ccnl metalmeccanico, rispettato lo stop and go, la ditta decide di impiegare per altri 2 mesi quel lavoratore alle medesime condizioni contrattuali, quindi, anche se per un tempo che nella durata può variare, il lavoratore verrà inquadrato allo stesso livello e nella stessa categoria legale, ovvero nel caso in questione in quella impiegatizia).
- Stipula di un nuovo contratto a termine (diverso solamente nella misura in cui, pur se con pari livello e categoria legale, cambiano le mansioni affidate – es: dopo un contratto a termine di 3 mesi in qualità di impiegato addetto alla contabilità al 4° livello del ccnl metalmeccanico, rispettato lo stop and go, la ditta decide di stipulare un nuovo contratto a termine col lavoratore in qualità di impiegato questa volta addetto alla segreteria sempre al 4° livello del ccnl metalmeccanico).
Ai fini del computo del periodo di 24 mesi, va tenuto altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Per l’art. 19, comma 2, ultimo periodo, qualora il limite dei 24 mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione, il contratto dà luogo ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla data del superamento. Tale regola, chiude la regolamentazione della successione di contratti a termine di pari livello e categoria legale, disciplinandone le conseguenze in caso di superamento della durata massima prevista. Ragionando al contrario, si ricava che, se i contratti sono stati conclusi per lo svolgimento di mansioni di diverso livello e/o diversa categoria legale, per ognuno dei suddetti nuovi contratti (e loro eventuali rinnovi) sarebbe consentito il decorso di un nuovo periodo (di 12 mesi o di max 24 mesi se esistenti le causali).
L’art. 21, commi 01 ed 1, in combinato disposto con l’art. 19, commi 1, 2 e 4 del D.Lgs. 81/2015 introduce una modifica nella disciplina delle proroghe, che passano da n. 5 a n. 4 e con la necessaria specificazione scritta delle causali, se il termine complessivo supera i 12 mesi di durata e dei rinnovi (indeterminati nel numero come prima ma possibili solo se sussistono le causali previste che sono da specificarsi sempre per iscritto).
In particolare, l’art. 21, comma 1 primo periodo dispone:
“Il termine del contratto a tempo determinato puo’ essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi, e, comunque, per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della 5^ proroga.”
Pertanto, quando uno o più contratti a termine vengono singolarmente o cumulativamente prorogati per più di 4 volte, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della 5^ proroga anche se intervenuta prima della scadenza del 24° mese di durata del o dei rapporti a termine.
Si delinea una breve esemplificazione delle diverse casistiche e durate attinenti alle ipotesi di proroghe ai fini della verifica dei limiti imposti sia dall’art. 19 che dall’art. 21 del D.Lgs. 81/2015:
nonchè dei rinnovi e delle successioni:
Con Circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito le proprie indicazioni interpretative sulle novità introdotte dal decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96.