Studio Legale Berto

La cessione delle quote sociali nelle società di persone

Profili di responsabilità per le obbligazioni contratte dalla società in capo ai soci in caso di cessione di quote. Debiti pregressi, rivalsa nei confronti del cedente e autonomia contrattuale nei rapporti tra cedente e cessionario. Rilevanza della pubblicità.

Sommario:
– La responsabilità per i debiti sociali nei confronti dei terzi;
– I rapporti tra socio cessionario e socio cedente;
– La responsabilità per le obbligazioni sociali del socio uscente


La responsabilità per i debiti sociali nei confronti dei terzi

Per la struttura delle società personali, il debito della società resta essenzialmente un debito che fa capo anche al singolo socio e i patrimoni dei soci sono protetti dalle iniziative dei terzi e dei creditori soltanto dal fragile diaframma della sussidiarietà della loro responsabilità di cui all’art. 2304 c. c., rispetto a quella del patrimonio sociale (Corte di Cass. n. 30441 del 2017).
Secondo l’orientamento della giurisprudenza della S.C., il rapporto che lega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società, che per prima può essere chiamata a rispondere dei debiti sociali, non esclude che sia i soci, sia la società possano essere debitori solidali rispetto alla stessa obbligazione, seppure in grado diverso (Cass. Sent. n. 1281 del 2020).
Si tratta di debiti che sono esclusivamente propri della società, nei confronti dei quali però i soci illimitatamente responsabili assumono la posizione, e il trattamento, di garanti ex lege (Corte di Cass. Ordin. n. 6650 del 2018).
Nel caso di cessione di quote sociali, in forza dell’art. 2269 c.c. questa responsabilità per i debiti sociali, anche tributari (Cass. Ordin. n. 7796 del 2020;  Cass. Ordin. n. 2580 del 2019), incombe su tutti i soci, pur se entrati a farne parte in un momento successivo all’insorgere delle passività: “Chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio”.
La Cassazione sul punto, con sentenza n. 9326/2010 in tema di società di persone, ha stabilito che il soggetto che entri a far parte di una società in nome collettivo già costituita risponde con gli altri soci – in base a quanto disposto dall’art. 2269 c.c., in materia di società semplice, ma applicabile anche alla società in nome collettivo, in forza del richiamo operato dall’art. 2293 c.c. – per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio, e una tale responsabilità non è condizionata dal fatto che dette obbligazioni risultino dalle scritture contabili della società. La Cassazione Civile, con sentenza 1781/1989, in precedenza ha chiarito come sulle obbligazioni di una società di persone – in questo caso occupandosi di una società in accomandita semplice – non può influire nemmeno il mutamento della ragione sociale, e che, in caso di ingresso di un nuovo socio accomandatario, egli risponde anche dei debiti anteriori all’acquisto della qualità di socio (ai sensi dell’art. 2315 c.c., che rende applicabile l’art. 2269 c.c.) (Cass. Sent. n. 4917 del 2017).

I rapporti tra socio cessionario e socio cedente

La disposizione di cui all’art. 2269 c.c. non incide sui rapporti tra cedente e cessionario con particolare riguardo all’eventuale responsabilità per le obbligazioni contratte dalla società anteriormente alla cessione delle quote, essendo questa rimessa alla volontà delle parti.
Il legislatore, infatti, ha ritenuto preferibile lasciare alle precisazioni contrattuali tra i soci la determinazione dei rapporti interni tra costoro, per meglio garantire loro la massima libertà nel disimpegnare i propri interessi economici.
Alla luce dell’autonomia imperfetta delle società di persone, nel tempo si è consolidato un orientamento della giurisprudenza di legittimità, quanto ai profili di responsabilità in capo ai soci uscenti in caso di trasferimento delle quote sociali a titolo oneroso.
La S. C. ha enunciato il principio di diritto secondo cui in caso di «cessione di quota di società in nome collettivo, qualora il cedente non abbia garantito gli acquirenti la quota stessa della inesistenza dei debiti sociali, lo stesso risponde delle obbligazioni sociali sorte anteriormente alla cessione esclusivamente nei confronti dei creditori sociali e non anche della società stessa e degli acquirenti della quota» (Cass. n. 25123/2010).
Con Sentenza n. 525 del 2011, ha poi spiegato che la regolamentazione della ripartizione interna delle obbligazioni già contratte dalla società al momento della cessione, ma non ancora estinte, è lasciata all’autonomia contrattuale “in coerenza con la natura giuridica di bene complesso della quota sociale, bene che si sostanzia nella partecipazione a un patrimonio autonomo e il cui valore è conseguentemente determinato dal rapporto tra poste attive e poste passive dello stesso”.
Ciò significa, secondo detta sentenza, che il solo terreno sul quale”può essere  giocata la partita della incidenza, nei rapporti interni tra cedente e cessionario, dell’obbligazione di pagamento” della società è “quello del contratto: quand’anche, invero, nulla fosse stato espressamente previsto in proposito nell’atto di cessione, la tesi secondo cui era la cedente la parte tenuta a sopportare, in misura corrispondente al valore della quota ceduta, il peso dell’acquisto degli arredi, andava sostenuta sulla base delle previsioni e del contenuto economico dell’accordo di cessione nonché di ogni altro elemento utile a ricostruire la volontà delle parti, secondo i canoni dettati nell’art. 1362 cod. civ., e segg..
Dunque, in tema di società in nome collettivo, nell’ipotesi di cessione di quota, il cedente che non abbia garantito gli acquirenti di quest’ultima dell’inesistenza dei debiti sociali risponde delle obbligazioni sorte anteriormente alla cessione esclusivamente nei confronti dei creditori sociali – trovando generale applicazione la disposizione di cui all’art. 2290 cod. civ. – ma non nei confronti della società o dei cessionari. Ne consegue che né la società, né i predetti cessionari della quota, una volta adempiute le predette obbligazioni, hanno titolo per essere tenuti indenni, dall’ex socio cedente, di quanto corrisposto ai creditori (Cass. n. 25123/2010 cit.).
In definitiva il cedente, solo qualora fornisca garanzia circa l’inesistenza dei debiti sociali, risponde anche nei confronti degli acquirenti della quota.

La responsabilità per le obbligazioni sociali del socio uscente

La norma del codice civile che regola la responsabilità per le obbligazioni sociali del socio di società personale relativamente al socio uscente è invece l’art. 2290 c.c.. Lo stesso prevede che nei casi in cui il rapporto sociale si sciolga limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento.
Lo scioglimento deve essere altresì portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, in mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato.
La Cassazione Civile, con la sentenza n. 6230/2013, ha espressamente sancito la portata generale del suddetto regime di responsabilità del socio uscente o dei suoi eredi in caso di trasferimento di quota di società in nome collettivo ex art. 2290 c.c., stabilendo che esso non va circoscritto alle sole obbligazioni di origine negoziale. La stessa ha precisato che tale responsabilità va estesa a qualsiasi genere di obbligazione, anche a quelle che hanno fonte nella legge e, nella specie, si fa riferimento all’obbligazione di versamento dell’Iva.
Tale sentenza conferma un orientamento che si riscontra anche nelle sentenze n. 2215/2006, n. 2284/2007 e n. 8649/2010 riguardo al versamento dei contributi previdenziali, ove è puntualizzato che il regime di cui agli artt. 2290 e 2300 cod. civ., in forza del quale il socio di una società in nome collettivo che ceda la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della medesima, è di generale applicazione, non riscontrandosi alcuna disposizione di legge che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale con esclusione di quelle che trovano la loro fonte nella legge, quale, nella specie, l’obbligazione di versamento dei contributi previdenziali all’INPS. Ne consegue che deve ritenersi inopponibile all’istituto previdenziale la scrittura privata di cessione della quota sociale da parte di un socio, posto che la responsabilità solidale dei soci per debiti derivanti dall’attività sociale prescinde dai rapporti interni dei soci stessi, e lo scioglimento del rapporto sociale, valido tra le parti, è inefficace nei confronti dei terzi.
Detto principio, iscrizione della cessione nel registro imprese o conoscenza anteriore in capo al terzo, trova il proprio riferimento temporale rispetto al momento in cui la società contrae obbligazioni verso il terzo e non rispetto al momento in cui
quest’ultimo agisce in giudizio. Il terzo che entra in rapporti negoziali con una società di persone è consapevole di poter contare anche sulla responsabilità solidale di tutti i soci per le obbligazioni sociali. E’ dunque al momento in cui si stipula il negozio e si contrae
l’obbligazione da parte della società che rileva la composizione della compagine sociale Ne discende necessariamente che se a quel momento il recesso di un socio non è stato pubblicato sul registro delle imprese tale recesso, non potrà essere opponibile al
terzo senza che rilevi il momento successivo in cui questi intenti azione giudiziaria per l’inadempimento (Cass. Sent. 24490 del 2013).
Di conseguenza è del tutto irrilevante anche il momento in cui si è concretizzato
l’inadempimento all’obbligazione (Cass. Ordin. 33183 del 2018, per il caso di un contratto preliminare).
La responsabilità del socio per l’obbligazione sociale inadempiuta comprende il risarcimento del relativo danno, ai sensi dell’art. 1218 c.c. (Cass. Ordin. 33183 del 2018 cit.).
La pubblicità ha rilievo sostanziale anche nel caso di procedure concorsuali. Infatti, come affermato dalla Cassazione Civile con Sent. 19304/2006, la cessazione per qualsiasi causa dell’appartenenza alla compagine sociale del socio di società di persone, cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell’art. 2290 cod. civ., non è opponibile ai terzi, poiché essa non produce i suoi effetti al di fuori dell’ambito societario; conseguentemente, la cessazione non pubblicizzata non è idonea ad escludere l’estensione del fallimento del socio pronunciata ai sensi dell’art. 147 legge fall., nè assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario, per quanto concerne i terzi, a quel momento è ancora in atto.

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