Studio Legale Berto

Investimento in azioni non quotate. Obblighi informativi

L’investimento in azioni di società che non ricorrono alla quotazione nel mercato regolamentato presenta aspetti di rischio propri. La Comunicazione Consob n. 9019104 del 2.03.2009 contiene orientamenti ufficiali dell’autorità di regolazione sugli specifici obblighi di informazione 

Sommario:
Società per azioni quotate e non quotate

Le Società per Azioni sono forme giuridiche che le imprese assumono per operare negli ambiti di riferimento. Sono società definite di “capitali” in quanto l’elemento del capitale ha una prevalenza concettuale e normativa rispetto all’elemento soggettivo rappresentato dai soci. La partecipazione dei soci al capitale sociale è rappresentata da azioni. Dunque, un’azione è il titolo rappresentativo di una quota della proprietà di una società per azioni. L’azionista è un socio non è un creditore della società. Partecipa al rischio di impresa nei limiti del valore delle proprie azioni. Acquistando titoli azionari (di capitale) si diviene soci della società emittente, partecipando all’alea insita nell’andamento economico della medesima. Chi investe in titoli azionari ha poi diritto a percepire annualmente il dividendo sugli utili conseguiti nel periodo di riferimento. Sarà l’assemblea dei soci a decidere sul dividendo da distribuire, potendo anche stabilire di non distribuirne alcuno.  L’insieme delle azioni della società è detto capitale  azionario. L’azione è anche un titolo di credito poiché incorpora un diritto e ne permette la circolazione. E’ una forma di investimento da parte del detentore ed ha carattere di strumento finanziario. Infatti, secondo l’art. 1 del d. lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio sono strumenti finanziari. L’investimento nel titolo azionario concreta un finanziamento di quote del capitale di una società. Il regime normativo della società per azioni può distinguersi a seconda che le società facciano o meno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 2325 bis, c.c.). Le società per azioni possono far ricorso al mercato del capitale di rischio, ovvero  emettere azioni diffuse tra il pubblico. Queste società si distinguono in società quotate nei mercati regolamentati e società che non ricorrono alla quotazione, ma che sono tuttavia “aperte” al mercato del capitale di rischio in quanto hanno azioni diffuse in maniera rilevante presso il pubblico. L’accesso al mercato regolamentato consente facilmente di acquistare o vendere le azioni. L’investitore può scegliere di impiegare somme di denaro anche nell’acquisto di azioni di società non quotate. Il mercato dello scambio di strumenti finanziari ha evidenziato una rilevante attività di negoziazione riguardante azioni di banche non quotate. Dette azioni sono trattate nei c.d. mercati finanziari non regolamentati. Si tratta di mercati in cui la negoziazione si svolge al di fuori dei circuiti borsistici ufficiali. Nei mercati non regolamentati è possibile comprare soltanto se l’intermediario ha ricevuto una proposta di vendita e vendere soltanto se lo stesso ha ricevuto una proposta di acquisto. La determinazione del prezzo avviene in base allo stretto principio dell’incontro tra la domanda e l’offerta. Di conseguenza, nel caso di società non quotate, i tempi e il prezzo di smobilizzo delle somme investite sono influenzati dalle regole proprie del mercato non regolamentato.
Per tali ragioni, l’investimento ha per oggetto titoli che possono definirsi illiquidi, poichè soggetti a un rischio di liquidità connesso alle regole che ne disciplinano la circolazione.
In conclusione, si tratta di azioni che presentano un peculiare rischio di monetizzazione per il fatto che non sono quotate.  Poichè non possono essere scambiate in un mercato regolamentato, ma tramite la stessa banca emittente o direttamente tra i soci-azionisti. Queste caratteristiche rendono difficoltoso il loro trasferimento e perciò il recupero delle somme impiegate nell’acquisto. Esse incidono direttamente nella liquidità dello strumento finanziario, che consiste nella sua attitudine a trasformarsi agevolmente in moneta senza perdita di valore.

Comunicazione Consob

La Consob ha emesso una specifica Comunicazione, n. 9019104, del 2 marzo 2009 che riguarda la negoziazione di titoli illiquidi e, dunque, delle azioni di banche non quotate. La Consob, quale autorità di regolazione, agisce attraverso una pluralità di atti, alcuni normativi ed altri amministrativi, di carattere generale, cui i soggetti intermediari devono attenersi. Tra questi vi sono le “Comunicazioni” utilizzate per indicare gli orientamenti ufficiali dell’autorità sulla corretta interpretazione ed applicazione della normativa di settore. Questi atti hanno contenuto generale e astratto e si caratterizzano per una quasi normatività.  Essi indirizzano i comportamenti degli operatori e assumono un’importante funzione nomofilattica. Si tratta di documenti che, pur se privi di diretta portata precettiva, hanno contenuto esplicativo degli obblighi di legge.
La Comunicazione Consob n. 9019104 del 2.03.2009 attiene ai principi e alle regole di comportamento dell’intermediario nella distribuzione di prodotti finanziari illiquidi. Il documento contiene indicazioni sugli adempimenti connessi alla distribuzione verso la clientela al dettaglio. La Consob spiega che sono da ritenere prodotti finanziari illiquidi quelli che comportano per l’investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative. Le azioni non quotate rientrano nella definizione di titoli illiquidi utilizzata nella Comunicazione. Infatti, detto investimento potrà essere smobilizzato solo nell’ambito del mercato non regolamentato che non consente la compravendita in modo istantaneo con immediato accredito dell’operazione sul proprio conto. La Comunicazione Consob chiarisce che la condizione di “liquidità” può essere garantita dall’impegno della banca intermediaria al riacquisto, sulla base di criteri e meccanismi prefissati.

Obblighi dell’intermediario

L’obbligo di diligenza nella condotta e nell’informativa degli intermediari è sancito dall’art. 21, comma 1, del T. U. F. In particolare, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori, essi devono “a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;  b) acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati“.
Comportarsi con diligenza vuol dire agire in maniera professionalmente adeguata. La correttezza impone condotte leali, modellate e improntate al fine di realizzare l’interesse del cliente. La trasparenza è legata all’informazione e si concreta nel fornire al cliente tutte le informazioni necessarie sul servizio prestato.
Perciò, l’investitore va anzitutto messo a conoscenza del fatto che le azioni non quotate sono riconducibili alla categoria dei titoli illiquidi.
Inoltre, secondo la Comunicazione Consob n. 9019104 del 2.03.2009, in tema di prodotti finanziari illiquidi, l’obbligo di informazione di cui all’art. 21, comma 1, del T. U. F. impone all’intermediario il dovere di una specifica informativa.
La Consob spiega che le regole di condotta imposte agli operatori devono attenuare i rischi di comportamenti opportunistici da parte dei soggetti informati a scapito di quelli che soffrono di un gap informativo (clienti). Inoltre, pone in evidenza il principio della best execution, vale a dire della migliore esecuzione per il cliente, che, nella cornice recata dalla direttiva 2004/39/CE, deve avere un ruolo centrale tra le norme di condotta degli intermediari. Il dovere di best execution è espressamente ritenuto direttamente applicabile in materia. Afferma la Comunicazione Consob n. 9019104 del 2.03.2009 che l’attività di intermediazione mobiliare, tratteggiata dalla nuova normativa di derivazione comunitaria, ha assunto i contorni di un servizio svolto nell’interesse del cliente, perdendo i connotati di mera attività di vendita di prodotti per conto di altre categorie di soggetti terzi (le società prodotto, gli emittenti). Ai fini dell’informativa, in primo luogo, raccomanda di effettuare la separazione delle componenti dell’esborso finanziario, evidenziando, in maniera tale da distinguerlo, il corrispettivo riguardante i titoli dai correlati costi e indicando il valore di smobilizzo dell’investimento nell’istante immediatamente successivo all’operazione di acquisto, sulla base di invariate condizioni di mercato. E’ dato particolare rilievo alla necessità di informare il cliente sulle modalità di smobilizzo, ponendo in luce le maggiori difficoltà connesse al funzionamento dei mercati di scambio, i conseguenti tempi e costi di esecuzione della liquidazione. Dovrà anche essere comunicata al cliente la circostanza per cui l’unica fonte di liquidità è costituita dallo stesso intermediario o da entità riconducibili al medesimo gruppo. E’ anche ritenuto opportuno offrire un set informativo che confronti il prodotto illiquido con altri prodotti semplici, noti, liquidi, a basso rischio, di analoga durata e con prodotti succedanei di larga diffusione e adeguata liquidità. In caso di strutture complesse, il profilo di rischio dovrà essere illustrato con apposite analisi e simulazioni. La forma della comunicazione deve essere comprensibile ed appropriata affinché i clienti “possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati e i rischi ad essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti in modo consapevole” (Corte di Cass. n. 2535 del 2016).
Non è sufficiente una spiegazione generale delle caratteristiche delle componenti derivative elementari, ma occorre una dettagliata e puntuale informazione in merito al rischio, all’effetto leva, alla liquidità del prodotto, alla volatilità del prezzo; non essendo ammissibile l’utilizzo di moduli informativi prestampati e standardizzati (Corte Appello Milano Sent. n. 2069/2016). Successivamente all’investimento, l’intermediario dovrà trasmettere al cliente una rendicontazione periodica e, ai sensi dell’art. 56 del Reg. Consob 16190/2007, informazioni dettagliate sui prodotti detenuti. In particolare deve essere specificato il fair value del prodotto (corrispettivo al quale può essere scambiato) ed il presumibile valore di realizzo sulla base delle reali condizioni di smobilizzo. Tenuto conto del contenuto generale e astratto e della finalità di guidare i comportamenti degli operatori, il mancato rispetto delle disposizioni contenute nella comunicazione n. 9019104 del 2.03.2009 rappresenta una violazione della normativa sugli obblighi informativi previsti per la negoziazione dei prodotti finanziari illiquidi.

Onere della prova

Qualora l’intermediario non abbia correttamente adempiuto agli obblighi informativi nel corso del rapporto in relazione allo scadimento della situazione patrimoniale dell’emittente, potrà configurarsi una responsabilità ai sensi dell’art. 34 del Reg. Intermediari (1) e, trattandosi di uno strumento finanziario compreso nella categoria dei titoli illiquidi, altresì per inosservanza della Delibera Consob 9019104/2009, che, per tali prodotti, prevede uno specifico obbligo di rendicontazione periodica.
Secondo la Corte di Cass. Ord. n. 8738 del 2017, l’azione del possessore di titoli azionari collegata alla violazione degli obblighi connessi alla qualità di intermediario finanziario è di competenza del Tribunale Ordinario, non ostano le recenti pronunce della S.C. del 16/10/2014, n. 21910 e del 21/2/2017, n. 4523.
Nel caso di contenzioso, come stabilito dall’art. 23, d. lgs. n. 58 del 1998, ultimo comma, l’intermediario dovrà farsi carico di fornire la prova positiva della diligenza e dell’adempimento delle obbligazioni che allo stesso competono (Corte di Cass. n. 18039 del 2012). In particolare, dovrà dimostrare di aver fornito in modo specifico tutte le informazioni idonee a descrivere la natura e la qualità dei prodotti finanziari ed a rappresentarne la rischiosità. (Corte Cass. n. 8089 del 2016).
La sottoscrizione di dichiarazioni con le quali l’investitore afferma di conoscere ed accettare, senza riserve, le condizioni e le modalità dell’offerta, non assolve l’intermediario dall’obbligo di fornire la dovuta informativa (Corte Cass. n. 9892, sez. I, 13 maggio 2016). La dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca, in ordine alla propria consapevolezza della rischiosità dell’investimento non può costituire dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo (Cass. 6142/2012). La dichiarazione potrebbe comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario, se corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell’investitore ed alla sua propensione al rischio, come nel caso in cui venga indicato nella dichiarazione che si tratti di titolo non quotato o emesso da soggetto in gravi condizioni finanziarie (Cass. 4620/2015).
La prova dell’assolvimento degli obblighi informativi incombenti sull’intermediario può essere data anche mediante deposizione testimoniale del funzionario della banca in quanto nessuna fonte, primaria o secondaria, richiede la prova scritta (Cass. 9 Agosto 2017, n. 19750). Ed infatti, non importa incapacità a testimoniare (art. 246 c.p.c.) per i dipendenti di una banca la circostanza che questa, evocata in giudizio da un cliente, potrebbe convenirli in garanzia nello stesso giudizio per essere responsabili dell’operazione che ha dato origine alla controversia. Infatti, le due cause, anche se proposte nello stesso giudizio, si fondano su rapporti diversi ed i dipendenti hanno un interesse solo riflesso ad una determinata soluzione della causa principale, che non li legittima a partecipare al giudizio promosso dal cliente, in quanto l’esito di questo, di per sé, non è idoneo ad arrecare ad essi pregiudizio (Cass. 10 aprile 2014, n. 8462) (Corte di Cass. Ordin. n. 10112 del 2018).  In ipotesi di violazione dell’obbligo di corretta e diligente informazione, potrà essere ravvisata una responsabilità dell’intermediario nei confronti del cliente indotto ad acquistare un titolo dannoso in mancanza di adeguate informazioni  (Corte Cass. n. 11578 del 2016 e anche Corte Cass. n. 10640 del 2016).
Al riscontro dell’inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue, secondo l’orientamento della S.C., l’accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento e il danno patito dall’investitore; presunzione che spetta all’intermediario superare, dimostrando che il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quand’anche l’investitore avesse ricevuto le informazioni omesse (Cass. Sent. n. 7905 del 2020).

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(1)  Regolamento Adottato dalla Consob con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007 e ss. modif.
Art. 34
Modalità e termini delle informazioni
1. Ai fini di cui all’articolo 27, comma 2, gli intermediari si attengono alle disposizioni del presente articolo.
2. Gli intermediari forniscono al cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio, in tempo utile prima che sia vincolato da qualsiasi contratto per la prestazione di servizi di investimento o accessori, le informazioni concernenti i termini del contratto.
3. Gli intermediari forniscono le informazioni di cui agli articoli da 29 a 32 ai clienti al dettaglio o potenziali clienti al dettaglio in tempo utile prima della prestazione di servizi di investimento o accessori.
4. Gli intermediari forniscono ai clienti professionali le informazioni di cui all’articolo 30, commi 4 e 5, in tempo utile prima della prestazione del servizio interessato.
5. Le informazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 vengono fornite su un supporto duraturo o tramite il sito Internet dell’intermediario, purché le condizioni di cui all’articolo 36, comma 2, siano soddisfatte.
6. Gli intermediari notificano al cliente in tempo utile qualsiasi modifica rilevante delle informazioni fornite ai sensi degli articoli da 29 a 32. La notifica viene fatta su supporto duraturo, se le informazioni alle quali si riferisce erano state fornite su supporto duraturo.
7. Gli intermediari assicurano che le informazioni contenute nelle comunicazioni pubblicitarie e promozionali siano conformi a quelle che l’impresa fornisce ai clienti nel quadro della prestazione di servizi di investimento e accessori.
8. Quando una comunicazione pubblicitaria o promozionale contiene un’offerta o un invito di cui alle successive lettere a) e b) e specifica le modalità di risposta o include un modulo attraverso il quale può essere data una risposta, essa include le informazioni di cui agli articoli da 29 a 32 che siano rilevanti per tale offerta o invito:
a) offerta a concludere un contratto in relazione ad uno strumento finanziario o servizio di investimento o accessorio con qualsiasi persona che risponda alla comunicazione;
b) invito a qualsiasi persona che risponda alla comunicazione a fare un’offerta per concludere un accordo in relazione ad uno strumento finanziario o servizio di investimento o accessorio.
9. Il comma 8 non si applica se, per rispondere ad un’offerta o ad un invito contenuti nella comunicazione promozionale, il potenziale cliente al dettaglio deve far riferimento ad uno o più altri documenti, che, singolarmente o congiuntamente, contengono tali informazioni.

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