Studio Legale Berto

Obbligo di informazioni sugli strumenti finanziari

Le operazioni di investimento presuppongono il possesso di informazioni che permettano di compiere scelte ragionate e di assumere il rischio connesso in modo responsabile. Gli investitori spesso non possono confidare sulle necessarie cognizioni del mercato dei valori mobiliari. E’ necessario che siano a loro fornite delle notizie chiare, in forma sintetica, correnti, specifiche e immediatamente fruibili, affinché possano maturare decisioni consapevoli

informazioni

Art. 21 TUF e Regolamento Consob 16190/2007

L’intermediario è tenuto a fornire agli investitori informazioni chiare, adeguate, attuali, specifiche e immediatamente utilizzabili, che consentano di cogliere concretamente i profili di rischio e le caratteristiche di un prodotto finanziario, si tratta di un suo dovere primario (Cass. Ordin. n. 8212 del 2020).
Gli adempimenti informativi devono consentire al cliente scelte realmente consapevoli ed appropriate alla propria situazione economico-finanziaria, non già casuali o comunque imprudenti. Il comportamento dell’intermediario che trascura di onorare scrupolosamente i propri compiti di informazione rappresenta un fattore di «disorientamento» del risparmiatore. L’obbligo rientra nel novero dei doveri informativi previsti dalle disposizioni contenute nell’art. 21 TUF e negli artt. 27-36 del Regolamento Intermediari adottato con delibera n. 16190/2007. L’art. 21, comma 1, del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 prevede, in via generale, che: “1. Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; (…..)”. Comportarsi con diligenza vuol dire agire in maniera professionalmente adeguata. La correttezza impone condotte leali e improntate alla realizzazione dell’interesse del cliente. La trasparenza è legata all’informazione e si concretizza nel fornire al cliente tutte le informazioni attinenti al servizio da prestare e/o a quello già prestato. Dalla sua lettura emerge che l’onere informativo dell’intermediario ha una direzione biunivoca. Per un verso, con la prescrizione contenuta nella lettera b), il legislatore impone una puntuale conoscenza delle capacità patrimoniali e del profilo d’investimento del cliente, che è funzionale al più incisivo obbligo di mettere in condizione l’investitore di scegliere i propri investimenti. Per l’altro, nel postulare il generale obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza contenuto nella lettera a) il legislatore impone all’intermediario un debito d’informazione preventiva, quanto più possibile completa circa le caratteristiche dell’investimento.
Le clausole generali che contengono le prescrizioni del T.U.F. sono integrate e rese più esplicite dalla descrizione degli obblighi di condotta contenuti nel Regolamento Consob 16190/2007.
L’ Art. 27 del Reg. detta le caratteristiche generali delle informazioni. Dispone che siano corrette, chiare e non fuorvianti, fornite in modo comprensibile. Devono essere idonee a far comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati nonché i rischi ad essi connessi. L’Art. 28 prescrive le condizioni e i contenuti che devono essere rispettati per assicurare tali requisiti. Pone in evidenza che non devono sottolineare gli eventuali vantaggi potenziali senza fornire anche indicazioni corrette e palesi sugli eventuali rischi rilevanti. Non devono celare, minimizzare od occultare elementi o avvertenze importanti e, per concetti e modalità di espressione, essere ragionevolmente comprensibili all’investitore medio del gruppo al quale sono dirette. Se espone elementi sui risultati passati di un prodotto e sulle performance di rendimento, l’intermediario deve chiarire che le stesse non sono indice di esiti similari per il futuro.
L’ art. 31 si rivolge in modo diretto alle “Informazioni sugli strumenti finanziari.”
Dispone che gli intermediari devono fornire una descrizione generale della natura e dei rischi. Essa deve chiarire le specifiche caratteristiche del tipo di strumento trattato e i rischi che comporta. I dati devono essere sufficientemente dettagliati da consentire decisioni di investimento ragionate e informate.
I rischi connessi allo strumento finanziario riguardano in particolare: la possibilità della perdita totale dell’investimento, la volatilità del prezzo dello strumento, gli eventuali limiti e vincoli per la sua liquidabilità. Al fine di una informativa corretta e funzionale, dovranno essere prese in attenta considerazione anche le caratteristiche soggettive dell’investitore. Infatti, per essere adeguata, la descrizione dei rischi deve tener conto dello “status” e del “ livello di conoscenza del cliente”.
L’art. 34, co. 2, Reg. cit. stabilisce che le informazioni devono essere fornite in tempo utile prima della prestazione di servizi di investimento o accessori.
Ai sensi dell’art. 34, co. 6, Reg. cit., gli intermediari sono tenuti a notificare al cliente sempre in tempo utile anche qualsiasi modifica rilevante dei dati forniti.
Le informazioni, quindi, devono essere fornite sia prima che dopo l’investimento.
Si comprende che per assicurare una continua e adeguata informazione, gli investimenti devono essere diligentemente seguiti e rendicontati anche dopo che sono stati effettuati.
Negli adempimenti informativi deve sempre essere rispettato il principio generale di buona fede (art. 1175 c.c.). Essi concorrono con gli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza, di valutazione dell’adeguatezza o dell’appropriatezza dell’operazione, al fine di garantire al cliente il miglior risultato possibile in base al criterio della c.d. best execution.

Adempimento intermediario

L’informazione dell’intermediario deve conformarsi a tali principi sia nella fase prenegoziale che durante lo svolgimento del rapporto contrattuale.
Nella fase che precede la stipulazione del contratto quadro sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari , come dopo la sua conclusione (obbligo d’informazione cd. attiva circa la natura, i rischi e le implicazioni della singola operazione ) (Corte di Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 20617 del 2017).
Il contratto quadro ha un contenuto c.d. “normativo” perché le sue disposizioni integrano i successivi singoli ordini d’investimento o disinvestimento. In sostanza, riguardano il contenuto delle operazioni che potranno essere poste in atto in futuro. L’onere informativo collegato è quindi in gran parte preordinato alla conclusione delle singole operazioni d’investimento a venire. Deve a pena d’invalidità, essere redatto per iscritto, contenendo la definizione specifica della tipologia d’investimenti da eseguire, il range di rischio coerente con il profilo del cliente e la determinazione degli obblighi che l’intermediario è tenuto ad adempiere. La forma scritta, in linea generale, è imposta soltanto per il contratto quadro, salvo diversa disposizione contrattuale voluta dalle parti, perché in questo testo negoziale si cristallizzano gli obblighi dell’intermediario che il legislatore ha inteso rendere trasparenti, in primo luogo, con la predisposizione di un regolamento scritto. Tale obbligo costituisce il primo, (ma non l’unico) ineliminabile strumento di superamento dello squilibrio contrattuale e dell’asimmetria informativa delle parti (Cass. Sez.U. n. 28314 del 2019).
Il suo inadempimento può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro quanto quella dei singoli ordini di investimento o disinvestimento conclusi in esecuzione del medesimo. (Cass., Sez. VI,  Ord. 23717/2014).
Ad esso deve seguire l’effettuazione degli investimenti finanziari, attraverso l’esecuzione degli ordini di acquisto da parte dell’intermediario.
Poiché gli obblighi informativi sulla natura dei rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio si pongono a monte di quelli inerenti all’inadeguatezza dell’operazione, una appropriata attività informativa con riguardo all’operazione finanziaria o al servizio di investimento deve sempre precedere la formalizzazione dell’ordine, sicché l’intermediario, anche quando si pronunci nel senso dell’inadeguatezza, è tenuto a rendere edotto il proprio cliente del reale contenuto e delle implicazioni dell’operazione (Corte di Cass., Sez. VI, Ord. n. 29001 del 2017).
In ogni caso, la valutazione dell’adeguatezza delle operazioni al profilo di rischio del cliente ed alla sua buona conoscenza del mercato finanziario non escludono l’obbligo di informazione, sicché il fatto che l’investitore propenda per investimenti rischiosi non toglie che egli selezioni tra questi ultimi quelli, a suo giudizio, aventi maggiori probabilità di successo, grazie alle informazioni che l’intermediario è tenuto a fornirgli. Pertanto, non ha alcuna rilevanza il profilo di rischio dell’investitore e la sua esperienza in materia, perché le informazioni da trasmettere al cliente debbono essere concrete e specifiche in riferimento a ogni singolo prodotto d’investimento e le stesse vanno comunque fornite, indipendentemente dalle inclinazioni al rischio del cliente e dal peso dell’investimento rispetto al patrimonio complessivamente investito, perché proprio sulla base delle informazioni fornite dall’intermediario l’investitore può selezionare quelle, secondo lui, con maggiori probabilità di successo. (Cass. Ordin. n. 15709 del 2019).
Il comportamento in concreto tenuto in punto di informazione del prodotto deve essere di per sé assunto come uno dei momenti costitutivi – sul piano strutturale – delle singole decisioni di investimento che vengono decise dal risparmiatore ( Cass. Ord. n. 3914 del 2018). Nel merito, il corretto adempimento esige la preventiva conoscenza delle caratteristiche effettive del prodotto finanziario che s’intende proporre, fondata su parametri specifici di prevedibilità dell’andamento dell’investimento sul mercato e non solo sulle informazioni generalmente riscontrabili dalla stampa, ancorché di settore. (Corte di Cass., Sez. 1, Sentenza n. 8619 del 2017).
L’obbligo non è assolto attraverso ragguagli di carattere generale afferenti l’attività di investimento, quand’anche essa sia riferita a particolari tipologie di prodotti finanziari (Corte di Cass n. 9066 del 2017).
La carenza ingiustificata di conoscenza del prodotto determina un primo, decisivo vulnus all’adeguatezza informativa cui l’intermediario è tenuto (Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 8619 del 2017 cit.).
La giurisprudenza della S.C. ha richiamato l’attenzione anche sul fatto che devono essere soddisfatte le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria del cliente e che quindi deve essere fornita”un’informazione adeguata in concreto” (Corte Cass., Sez. 1, n. 16828 del 2016).
Dovendo rispondere alle specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, il contenuto non potrà essere di carattere convenzionale ma specifico e personalizzato (Cass. civile n. 8733 del 2016). Le informazioni da trasmettere al cliente debbono essere concrete e specifiche, come propriamente ritagliate sul singolo prodotto di investimento; e le stesse vanno date comunque, in via indipendente dalle peculiari caratteristiche di esperienza dell’investitore e di peso dell’investimento rispetto al patrimonio complessivamente investito ( Cass., Sez. 1, Ord. n. 3914 del 2018 cit.)
Per poter apprezzare pienamente l’effettivo rischio derivante da un investimento, l’intermediario dovrà avere adeguata cognizione di molteplici elementi da esporre al cliente. Non solo sullo specifico strumento finanziario, ma anche sulla solidità patrimoniale delle società emittenti, le loro prospettive economiche e caratteristiche dei settori in cui operano.
Tra gli elementi di valutazione da porre in evidenza all’investitore e sui quali si è soffermata più volte la S.C., rientrano in particolare la mancata quotazione di un titolo (Cass. civile n. 1376 del 2016) e l’eventuale sussistenza di una situazione di cd. grey market, ovvero di carenza di informazioni sulle caratteristiche concrete del titolo ed il rating (Cass. civile n. 17292 del 2016).
La S.C. ha puntualizzato come sia imprescindibile che l’informativa contenga specifiche indicazioni concernenti: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del soggetto emittente; 3) il “rating” nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali mancanze di dati circa le caratteristiche proprie del titolo; 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente “default” dell’emittente. (Cass. civ, n. 1376/2016 cit.; Cass. civ. n. 16828 del 2016 cit.).
Poichè, ai sensi dell’art. 34 Reg. Consob., sono tenuti a notificare al cliente in tempo utile qualsiasi modifica rilevante delle informazioni fornite, gli intermediari dovranno non solo conoscere ma anche aggiornarsi in modo approfondito sugli strumenti e sui soggetti emittenti. Solo operando in questo modo potranno assolvere compiutamente agli obblighi informativi ed evitare di assumere comportamenti contrari ai canoni di diligenza, correttezza e trasparenza.

Prova dell’adempimento

Si pensi al caso in cui Tizio, risparmiatore retail, proceda all’acquisto di azioni non quotate, senza essere informato dall’intermediario sulle caratteristiche della loro negoziazione, e in seguito sorgano contrasti per la difficoltà di smobilizzo delle somme investite.  In sede contenziosa, l’onere della prova andrà ripartito tra le parti secondo il disposto ex art. 1218 cod. civ., sicché spetta all’investitore allegare l’inadempimento delle obbligazioni poste a carico dell’intermediario, mentre incombe sull’intermediario provare d’aver rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta (Cass. 23 maggio 2016 n. 10640).
Anche se l’inadempimento degli obblighi informativi si colloca all’interno del rapporto negoziale instaurato con il contratto-quadro, pur se anteriore ai singoli ordini d’acquisto che ne segnano lo svolgimento funzionale, ad esso va riconosciuta natura contrattuale (Corte Cass. n. 10161 del 2016; Corte Cass. n. 10640 del 2016 cit.).
La circostanza rileva ai fini della ripartizione dell’onere della prova, stante la presunzione di colpa nell’illecito contrattuale (e anche sulla prescrizione del diritto).
Il giudice del merito è tenuto ad un rigoroso accertamento dell’assolvimento dell’obbligo informativo secondo il paradigma costituito dalla clausola generale contenuta nell’art. 21 T.U.F. e dal Regolamento Consob, al fine di verificare se la condotta dell’intermediario sia stata diligente sotto il duplice profilo della conoscenza preventiva delle effettive caratteristiche del prodotto e della trasmissione adeguata delle informazioni. (Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 8619 del 2017 cit.).
L’investitore dovrà aver cura di determinare la carenza informativa. Dovrà indicare se riguarda la natura e/o le implicazioni dell’investimento, le caratteristiche dell’emittente, le norme che regolano l’investimento, la situazione finanziaria e la capacità patrimoniale dell’ emittente, l’assenza di rating, l’indebitamento dell’emittente (Corte Cass. n. 17353 2016).
Per superare gli addebiti, l’operato della banca o dell’intermediario finanziario dovrà risultare altamente professionale, prudente e diligente. Dovrà essere dimostrato che il contenuto dell’obbligo informativo è consistito in una condotta positiva, diretta specificamente a fornire le informazioni idonee a descrivere la natura, la quantità e la qualità dei prodotti finanziari ed a rappresentarne la rischiosità (Corte Cass. n. 8089 del 2016).
La sussistenza di tutte queste circostanze dovrà essere provata dall’intermediario medesimo, ai sensi dell‘art. 23, comma 6, del d.lgs. n. 58 del 1998 (Corte di Cass. n. 5089 del 2016; Corte Cass. n. 16828 del 2016 cit.).
La dichiarazione del cliente, contenuta nell’ordine di acquisto di prodotti finanziari e formulata in modo riassuntivo e generico, nella quale egli affermi di aver ricevuto un’informazione completa sulle caratteristiche e sui rischi dei medesimi prodotti, non può essere considerata una confessione stragiudiziale, a norma dell’articolo 2735 c. c., perché rivolta alla formulazione di un giudizio (sull’adempimento dell’obbligazione della controparte) e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo, ed intrinsecamente inidonea ad accertare quali concrete informazioni siano state fornite al cliente in ordine allo specifico prodotto finanziario (Cass. Sent. n. 29899 del 2019).
Dunque spetta all’investitore dedurre e allegare l’inadempimento da parte dell’intermediario delle obbligazioni poste a suo carico dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998. (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22147).
L’allegazione è sufficiente ma anche necessaria. Infatti, ove sia dedotta in giudizio l’obbligazione risarcitoria per responsabilità contrattuale, la circostanza specifica di inadempimento è identificativa del diritto di credito e ne integra il fatto costitutivo che il creditore ha l’onere di dedurre, quale indispensabile elemento di individuazione dello stesso (Corte di Cass. n. 17080 del 2017).
Al riscontro dell’inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue, secondo l’orientamento della S.C., l’accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento e il danno patito dall’investitore; presunzione che spetta all’intermediario superare, dimostrando che il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quand’anche l’investitore avesse ricevuto le informazioni omesse (Cass. Sent. n. 7905 del 2020).

 

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