Informazione, formazione e addestramento concorrono a rendere il lavoratore compartecipe nella gestione del rischio connesso all’attività lavorativa. Contribuiscono a definire i contorni della posizione di garanzia della quale è titolare l’imprenditore
Obbligo di sicurezza
Sul datore di lavoro, oltre al generale obbligo di “neminem laedere” sancito dall’art. 2043 c.c., grava uno specifico dovere di protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore
La tutela della persona e del lavoro trovano riconoscimento in norme di carattere costituzionale (art. 32 Cost.; art. 35 Cost.; art. 41 Cost.).
Dando applicazione ai principi della costituzione l’articolo 2087 del cod. civ. chiama l’imprenditore ad adempiere a specifici obblighi per la sicurezza del lavoratore, ad integrazione ex lege delle obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro (Corte Cass. 21 febbraio 2012, n. 2506).
Poichè la parte datoriale riveste un ruolo di garante del lavoratore, deve adottare tutte le misure atte a salvaguardarne l’incolumità fisica.
In caso di infortuni, in presenza di una condotta colpevole, di violazione di obblighi in materia di sicurezza, è ravvisabile una sua responsabilità.
La responsabilità ha natura contrattuale e, perciò, spetta alla parte datoriale provare di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare l’evento dannoso ( Cass., Sez. L, n. 798 del 2017).
Infatti, l’azione contrattuale si fonda su una presunzione di colpa stabilita dall’art. 1218 cod. civ. (Cass., Sez. L., n. 14468 del 2017).
Il lavoratore che lamenti di avere subito un danno alla salute deve provarne l’esistenza, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale tra questi due elementi. Il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno, sì che non possa essere a lui addebitabile l’inadempimento dell’obbligo di sicurezza previsto dalla normativa (Corte Cass., Sez. L., Sent. n. 3989 del 27/02/2015).
Testo Unico D.Lgs. 81/2008
Nel 2008, è stato emanato il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 che ha coordinato, riordinato e riformato la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
In seguito, il Testo Unico è stato integrato e modificato essenzialmente dal D.Lgs. 106 del 2009.
Il T. U. ha per oggetto il complesso delle misure preventive che devono essere adottate per rendere sicuri i luoghi di lavoro.
Esse tendono a eliminare o ridurre al minimo possibile l’esposizione dei lavoratori ai rischi connessi all’attività lavorativa.
Per rischio si deve intendere la “probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego, ovvero di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione” (art. 2 d.lgs. 81/2008, lettera s).
L’articolo 15 d.lgs. 81/2008 stabilisce quali sono le misure generali di tutela del sistema di sicurezza dei lavoratori.
Tra queste, alla lettera n) è compreso l’obbligo di un’adeguata informazione e formazione dei lavoratori.
Nel novero dei doveri che il datore di lavoro è tenuto ad assolvere nell’ambito della sicurezza sul lavoro, l’art. 18 d.lgs. 81/2008 prescrive l’obbligo di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37.
Secondo la sentenza della S.C. 28577/15, che ha deciso un caso del tutto particolare, la sola contestazione del mancato rispetto da parte del datore di lavoro dell’obbligo di cui all’art. 18 comma 1 lettera l) del D. Lgs. n. 81/2008 non comporta responsabilità penale, non essendo la specifica disposizione richiamata dall’art. 55 T. U. (Corte di Cass. – Sez. III penale – Sent. n. 28577 del 6.07.2015).
Con Sentenze n. 43427/2014 e n. 37312/2014, la S.C. ha confermato che per l’obbligo di informazione e formazione il T.U. prevede una sanzione penale di natura contravvenzionale, a prescindere dal verificarsi o meno di un infortunio o di una malattia, ai sensi dell’articolo 55 comma 5 (Corte Cass., Sez. III, Sent. n. 43427 del 17.10. 2014 e Corte Cass., Sez. III, Sent. n. 37312 del 09.09.2014).
Infatti, l’articolo 55 comma 5 lett. c) prevede la sanzione dell’arresto o dell’ammenda per la violazione dell’articolo 36, commi 1 e 2, e dell’articolo 37, commi 1, 7, 9 e 10 del T.U.
Il presidio della sanzione penale è stato evidenziato in modo dettagliato dalla Corte di Cassazione con Sentenza n. 3898 del 2017.
Anche il giudice civile può accertare l’esistenza di tutti i presupposti e ritenere, in via incidentale, la penale responsabilità del datore di lavoro “ senza che in contrario possa esercitare alcun effetto preclusivo il provvedimento di archiviazione del procedimento penale per gli stessi fatti” (Corte di Cass., Sez. L, Ord. n. 30437 del 2017).
Tutti i lavoratori devono essere messi al corrente, dal datore di lavoro e dai loro rappresentanti, dei rischi che corrono nell’ambiente lavorativo e dei corretti comportamenti da adottare.
Il dovere di informazione e formazione sui rischi nelle lavorazioni si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti (Corte Cass., Sez. III civ., n. 944 del 24.01.2012).
Il corretto adempimento di tali attività contribuisce a diminuire l’area di rischio che l’imprenditore è chiamato a gestire, nella veste di garante della sicurezza del dipendente.
Informazione, formazione e addestramento
L’art. 2, co. 1, lett. bb) T. U. definisce il concetto di informazione. Essa è intesa come un complesso di attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione ed alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro.
Deve consentire la conoscenza effettiva dei rischi specifici propri delle mansioni affidate e anche del ciclo operativo cui ineriscono.
In modo da poter effettuare scelte ed attuare comportamenti che non pregiudichino la sicurezza propria o di altri.
Il suo contenuto deve essere comprensibile in modo agevole per i lavoratori e consentire loro di acquisire una corretta base conoscitiva.
Se riguarda lavoratori immigrati, occorre verificare la comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
Dovrà essere raggiunto l’obbiettivo di un’informazione adeguata ed efficace che sia di effettiva utilità ai lavoratori.
Affinché possa dirsi adeguata, il suo contenuto deve essere commisurato e corrispondente alla situazione concreta e, altresì, rappresentare tutti gli elementi necessari per la conoscenza dei rischi propri delle mansioni assegnate e dell’attività di impresa.
L’obbligo di informare deve essere adempiuto non solo attraverso la esplicitazione di divieti ma anche con l’indicazione delle conseguenze che determinate modalità di lavoro possono comportare. ( Cass. Pen., Sez. IV, n. 34771/2010).
L’art. 36 d.lgs 81/2008 stabilisce che il datore di lavoro deve fornire al lavoratore informazioni su:
– rischi per la sicurezza e salute connessi all’attività d’impresa in generale;
– procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;
– i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure che riguardano la prevenzione degli incendi, l’evacuazione dei lavoratori e il primo soccorso;
– rischi per la sicurezza e salute legati all’attività svolta, normative di sicurezza e disposizioni aziendali;
– pericoli connessi all’utilizzo di sostanze e preparati pericolosi;
– misure di prevenzione e protezione adottate;
– responsabile del servizio di prevenzione e protezione, medico competente e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
In caso di infortunio, sussiste responsabilità della parte datoriale in ordine al reato di lesioni personali colpose ove si accerti che i lavoratori non siano stati correttamente informati su rischi e procedure appropriate (Corte Cass, Sent. n. 24452 dell’8.06.2015).
Infatti l’obbligo di informazione, come quelli di formazione e addestramento, ha natura cautelare rispetto agli eventi lesivi dell’integrità fisica o della vita dei lavoratori. Il datore di lavoro assolve il dovere di impedire l’evento, che è proprio della sua posizione di garanzia, anche attraverso il corretto adempimento di queste attività (Corte di Cass. Ordin. n. 25102 del 2018).
Egli risponderà degli infortuni che siano la conseguenza della loro omissione o di un contenuto generico ed impreciso o comunque carente. Vale a dire se l’evento rappresenta la concretizzazione del rischio che che l’attività cautelare mirava a prevenire. (Cass., Sez. 4, 23 gennaio n. 3313/2017).
Secondo l’art. 2, co. 1, lett. aa) T. U., la formazione è un processo educativo attraverso il quale sono trasferite ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione conoscenze e procedure utili allo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti aziendali ed alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi.
L’art. 37 d.lgs 81/2008 regola l’obbligo di formazione.
Il datore di lavoro deve assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche tenendo conto delle conoscenze linguistiche.
Durata, contenuti minimi e modalità della formazione sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico vanno effettuati: alla costituzione del rapporto di lavoro; in caso di trasferimento o cambiamento di mansioni; per l’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
La formazione può essere inquadrata in specifiche aree di competenza: di base per tutti i lavoratori; delle figure di sistema (responsabile e addetto del servizio di prevenzione, ecc.); di rischi specifici legati alla tipologia delle mansioni; per utilizzo macchine e attrezzature.
Deve fare particolare riferimento a: concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza, rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
In questo modo, i destinatari devono poter acquisire tutte le competenze conoscitive e i modi di agire necessari a fronteggiare i rischi attinenti all’attività di lavoro.
Un percorso di corretta formazione permette al lavoratore di identificare per tempo i rischi e di intervenire in modo appropriato a difesa della propria incolumità.
La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.
Un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico deve essere riservato ai lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
Anche il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile e deve far acquisire effettive conoscenze e competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua utilizzata nel percorso formativo.
Una adeguata formazione comporta la conoscenza di ciò che deve essere fatto ed anche di ciò da cui astenersi, perché riservato ad altri (Corte Cass. n° 44106 del 23.10.2014).
Un’adeguata formazione sui rischi connessi all’attività è dovuta anche in presenza di un lavoratore da considerare esperto (Corte Cass., Sent. n. 46820 del 12.11.2014). E che ben conosce le operazioni cui è assegnato (Corte Cass.,Sez. IV, n. 27543 del 2017).
Non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore formatosi per il travaso di conoscenze che si realizza con la collaborazione tra lavoratori (Corte Cass, Sent. n. 22147 del 26.05.2016).
Il dovere formativo deve comprendere non solo corsi sulla sicurezza dei luoghi di lavoro ma anche una specifica informazione e formazione sull’uso dei macchinari utilizzati (Corte Cass. n. 18444 del 04.05.2015).
Non sarebbe sufficiente dotare l’addetto del libretto di istruzioni sull’uso di una macchina utensile e sulle cautele da adottare (Cass. Pen., Sez. IV, n. 14175 del 2006).
In mancanza di corretta formazione, l’infortunio può essere considerato conseguenza diretta di tale omissione anche nel caso vi sia stata una condotta negligente del lavoratore (Corte Cass. Sent. n. 39765 del 02.10.2015).
Infatti, la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standards di piena prudenza, diligenza e perizia è ordinariamente presente, perché quello scostamento è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro.
Ciò non significa svuotare di incidenza la categoria del comportamento abnorme del dipendente allorché si collochi “si collochi in qualche ‘guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso” (Corte di Cassazione, Sez. 4, Sentenza n. 7897 del 2016).
Non è adeguata la formazione che si limiti alla consegna al lavoratore di un manuale di sicurezza, contenente norme generali di comportamento (Cass. Pen., Sez. IV, n. 41997 del 2006).
L’art. 2, comma 1, lett. cc) T.U. definisce l’addestramento come un complesso di attività dirette a far apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, oltre alle procedure di lavoro.
L’addestramento va effettuato da persona esperta e direttamente sul luogo di lavoro. Ha per oggetto l’utilizzo corretto di macchine operatrici, attrezzature, impianti, sostanze, dispositivi e procedimenti lavorativi.
Per mezzo di esercitazioni e prove pratiche, il lavoratore deve acquisire una concreta competenza e consapevolezza nella gestione dei rischi che possono presentarsi nello svolgimento delle proprie mansioni.
L’addestramento ha un contenuto più specifico rispetto alla formazione e ha per oggetto attività eminentemente pratiche.
L’art. 73 d.lgs 81/2008 dispone che, nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinché, per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati.
Dovranno riguardare: condizioni di impiego; situazioni anormali prevedibili; rischi cui sono esposti durante l’uso; attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente immediatamente circostante, anche se non usate direttamente; cambiamenti di attrezzature.
Da quanto sopra si può comprendere che l’informazione, la formazione e l’addestramento hanno caratteri distinti ma strettamente complementari.
Dette attività, integrandosi tra di loro, assicurano il miglioramento delle attitudini dei lavoratori nella percezione del rischio e nell’adozione di corretti comportamenti in materia di sicurezza.
L’insieme delle conoscenze, se acquisite in modo efficace, permette di conseguire l’obiettivo di evitare o ridurre i pericoli ai quali sono esposti i lavoratori. Infatti, solo il lavoratore che conosce i pericoli cui è esposto può prendersi cura della propria salute e sicurezza, di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro e contribuire all’adempimento dei relativi obblighi (art. 20 T. U.) .
In definitiva, la corretta informazione, formazione e addestramento incide direttamente sull’area di rischio la cui gestione incombe sul datore di lavoro.