Datore di lavoro sicurezza e rischio eccentrico

Si può considerare idoneo a interrompere il nesso causale tra la condotta contestata al datore di lavoro e l’evento lesivo il comportamento abnorme del lavoratore quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla prestazione di lavoro e governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia

datore e rischio

SOMMARIO:
  • Posizione di Garanzia;
  • Condotta del lavoratore;
  • Rischio e attività lavorativa

Posizione di Garanzia

Il datore di lavoro è il titolare del rapporto di lavoro o, comunque, il soggetto responsabile dell’organizzazione dell’azienda o dell’unità produttiva in quanto esercita poteri decisionali e di spesa.
La definizione è contenuta nel T.U. ed è conforme a quella espressa dalla tradizione normativa in materia di sicurezza ed elaborata dalla giurisprudenza. (Art. 2 . lett. b), d. lgs. 81/2008).
Essa pone in risalto, da una parte, il ruolo di dominus di fatto praticato sull’organizzazione dell’impresa e, dall’altra, il concreto esercizio dei poteri decisionali e anche di spesa.  L’ampiezza, la natura e il rilievo di questi poteri sono evidenziati anche dall’articolo 16 del T.U. che, con riferimento alla delega di funzioni, si occupa del potere di organizzazione, gestione, controllo e spesa. (Art. 16., d. lgs. 81/2008).
Ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a), il lavoratore è la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari.” Nel secondo periodo è contenuta la definizione dei soggetti che sono “equiparati ai lavoratori”. Secondo la S.C. sono considerati lavoratori subordinati tutti coloro che, indipendentemente dalla continuità e dall’onerosità del rapporto prestano la loro attività fuori del proprio domicilio alle dipendenze e sotto la direzione altrui anche se l’attività è prestata a mero titolo di favore (Cass. Sent. n. 18396 del 2017).
Il datore di lavoro è tenuto a predisporre tutte le misure necessarie alla loro tutela psico fisica e a fare tutto quanto è necessario per ottemperare alle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro. Deve perseguire l’obbiettivo di diminuire e azzerare i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività lavorativa, attraverso il rispetto e l’applicazione di tutte le regole precauzionali dettate dalla prassi e recepite dalla normativa di settore.
Poiché svolge una funzione di garante dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, in caso di violazione degli obblighi collegati alla posizione di garanzia, è considerato direttamente responsabile dell’evento lesivo.
La “posizione di garanzia” che egli riveste esprime un “obbligo giuridico di impedire” il verificarsi di eventi lesivi (Corte di Cassazione, Sez. 4, Sent. n. 49821 del 2012). Da attuare mediante un corretto governo della sorgente del rischio da cui possono scaturire.
Nel contesto della sicurezza del lavoro, la giurisprudenza ragiona e argomenta sui concetti di garante e di rischio, elemento centrale dell’intero sistema, anche per identificare la sfera di responsabilità di un soggetto.
Quest’ultima va posta in relazione al rischio proprio dell’attività lavorativa che il titolare della posizione di garanzia è chiamato a governare.
Tanto che la S. C. descrive il garante come il soggetto che gestisce il rischio connesso all’attività lavorativa. (Corte di Cassazione, Sez. 4, Sent. n. 49821 del 2012 cit.).
Negli ambiti di lavoro, esistono molteplici aree di rischio, specialmente sistemi lavorativi complessi e, parallelamente, distinti ruoli di responsabilità per i soggetti che quel rischio hanno l’obbligo di gestire.
I diversi settori di responsabilità non sempre hanno confini definiti. L’intreccio degli obblighi può spesso coinvolgere più figure e chiamare in causa differenti soggetti nella gestione di uno stesso rischio.
Si comprende come il concetto di rischio determini le sfere di responsabilità connaturate alla figura del garante che deve governare le situazioni di pericolo, al fine di ridurne e annullarne la probabilità.
Il datore di lavoro è la prima e fondamentale di queste figure ed è gravato da una penetrante posizione di garanzia. (Corte di Cassazione, Sez. 4, Sentenza n. 49821 del 2012 cit.).
E’ il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica. Ciò dovendolo desumere anche dalla “norma di chiusura” stabilita nell’art.2087 del codice civile, che integra tuttora la legislazione speciale di prevenzione, imponendo al datore di lavoro di farsi tout court garante dell’incolumità del lavoratore (Corte di Cassazione, Sez. 4, Sentenza n. 7897 del 2016).

Condotta del lavoratore
Il compito del datore di lavoro è molteplice e articolato. Va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori – e dalla conseguente necessità di adottare certe misure di sicurezza – alla predisposizione di queste misure (con obbligo, quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, di mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore), e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alla misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il datore di lavoro deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore, e non deve perciò limitarsi ad informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro. (Cassazione Penale, 11 agosto 2010, n. 31679).
Le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Corte di Cassazione n. 29514 del 2018).
E ciò perché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standards di piena prudenza, diligenza e perizia è ordinariamente presente, poichè quello scostamento è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro. Anche un eventuale pregresso stato di volontaria alterazione del lavoratore non verrebbe ad elidere il nesso causale tra evento e condotta contestata al datore, essendo da ricondurre nel novero dei rischi oggetto di valutazione, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 1 anche di quello connesso, ad esempio, all’assunzione di alcolici da parte del lavoratore; e ciò in ragione della formula legale, volutamente onnicomprensiva (Cass., Sez. 4, n. 38129 del 2013). Se è vero che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, tuttavia l’inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell’operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute tutte le prescrizioni di loro competenza (Corte di Cass. n. 48771 del 2019; Corte Cass. n. 10121 del 23/01/2007).
Di conseguenza, la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore ed all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. (Corte di Cass. n. 44327 del 2016). Nel caso sia corresponsabilità nell’evento da parte del lavoratore, potrà essere comunque ravvisato un concorso di colpa da parte della persona offesa, del quale deve necessariamente tenersi conto nella quantificazione del risarcimento (Corte Cass. n. 42288 del 2017). Tuttavia, la condotta incauta del lavoratore non comporterà concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia giuridicamente da considerare come munita di incidenza esclusiva rispetto alla determinazione dell’evento dannoso (Cass., Sez. L, Sent. n. 30679 del 2019).
Perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Corte di Cass. n. 26294 del 2018).
Con particolare riguardo alla nozione di condotta “esorbitante” del lavoratore, la stessa non deve essere esclusa tutte le volte che la condotta del lavoratore rientri comunque nelle mansioni a lui assegnate. Interpretata in termini così assoluti, non sarebbe mai possibile riscontrare una condotta abnorme da parte di un prestatore di lavoro nell’esercizio delle sue mansioni. Occorre invece che il giudice, caso per caso, analizzi compiutamente le caratteristiche dell’attività lavorativa demandata al dipendente, accertando in concreto le modalità con cui la stessa si è esplicata, al fine di verificare se i compiti assegnati dal datore di lavoro siano stati rispettati, e se siano state osservate le prescrizioni di sicurezza correlate ai rischi connessi alla prestazione lavorativa oggetto di indagine. Sotto questo profilo, la giurisprudenza più accorta ha sottolineato che in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non rileva tanto che l’attività svolta rientri nell’ambito delle mansioni del lavoratore, quanto che essa sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Corte di Cass. Sent. n. 5007 del 2019 ; Cass. Sent. n. 50114 del 2019).

Rischio e attività lavorativa
Nelle pronunce della S.C. è anche tenuto presente il principio che la responsabilità dell’imprenditore deve essere esclusa allorché l’infortunio si sia verificato a causa di un rischio determinato da una condotta del lavoratore impensabile ed avulsa dal procedimento di lavoro cui è addetto.
In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il nesso causale tra condotta contestata al datore di lavoro e l’evento lesivo può essere interrotto da una condotta abnorme del lavoratore purché essa si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso (Cass. n. 46820 del 2014).
Tale comportamento è interruttivo non perché eccezionale ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (C. Cass. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014; C. Cass.,Sez. IV, n. 27543 del 2017).
Dunque, in questa prospettiva, in cui è la teoria del rischio a guidare l’apprezzamento dell’effetto interruttivo, vale il principio secondo cui, ai fini dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento (articolo 41, comma secondo, cod. pen.), il comportamento può avere valenza “interruttiva” non perché “eccezionale”, ma perché “eccentrico rispetto al rischio” che il garante è chiamato a governare. Tale eccentricità potrà rendere in qualche caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento, ma ciò è solo una conseguenza accidentale. (Cass. n. 28568 del 2016).
Perciò, il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità quando il modo di agire del dipendente presenta i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute e altresì si pone al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in atto. (Corte di Cass., Sez. 4, Sent. n. 44327 del 2016 cit.).
Con Sent. Cass. Penale, 27 maggio 2015, n. 22378 è stato precisato che può essere considerato interruttivo del nesso causale ed eccentrico  rispetto al rischio lavorativo il comportamento che introduca un rischio nuovo o radicalmente esorbitante rispetto a quello tipicamente prevedibile (v. anche Corte di Cass., Sez. 4, Sent. n. 5473 del 2018)
La S. C. ha puntualizzato che l’effetto interruttivo non è necessariamente dovuto al comportamento incongruo del lavoratore, ma a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o che comunque ecceda completamente i limiti rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare.
A fini dimostrativi, la Sent. della Corte Cass. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 ha indicato, tra gli altri, l’esempio di un’abusiva introduzione notturna da parte del lavoratore nel cantiere irregolare. In questo caso – pone in evidenza la S. C. – è stato distinto implicitamente tra rischio lavorativo e rischio da ingresso abusivo ed è stata annullata la pronunzia di condanna anche se il datore di lavoro aveva violato le prescrizioni antinfortunistiche (Cass., Sez. 4, n. 44206, del 25/09/2001).
La vittima era occasionalmente un lavoratore, ma la situazione pericolosa nella quale si è verificato l’incidente non è riferibile al contesto della prestazione lavorativa, sicché non entrano in questione la violazione della normativa antinfortunistica e la responsabilità del gestore del cantiere.
Al momento dell’incidente non era in corso un’attività lavorativa. Il caso andava esaminato dal differente punto di vista delle cautele che devono essere approntate dal responsabile del sito per inibire l’ingresso di estranei in un’area pericolosa come un cantiere edile.
La necessità del collegamento tra infortunio e occasione di lavoro, pur se sotto un diverso profilo di responsabilità, è richiamata anche dalla Corte di Cass., Sez. L, Sent. n. 12487 del 2015; nonché dalla Sent. della Corte di Cassazione Civile, Sez. 1, n. 13885 del 2017, ove si afferma che il requisito dell’occasione di lavoro viene meno, in presenza di un rischio estraneo e generato da una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente all’attività lavorativa (Cass. 18 marzo 2013, n. 6725; 10 settembre 2009, n. 19496).
In particolare, la Sent.  n. 13885 del 2017 cit.,  la S. C. ha confermato una pronuncia della Corte del merito che, all’esito della istruttoria espletata e di tutte le risultanze probatorie, aveva concluso che la condotta consistita nello scavalcamento del parapetto del tetto sovrastante il reparto produttivo aziendale, con la relativa griglia, fosse estranea ed eccentrica rispetto alle mansioni del lavoratore ricorrente, accertate essere quelle di operaio modellista, nonché incaricato della apertura dei cancelli, del sistema di allarme, del controllo di porte e uffici, dopo aver accertato che nessun ordine fu impartito di compiere quella azione pericolosa.
Sulla base di questi principi, con la citata Sent. Cassazione Penale, Sez. 4, 27 maggio 2015, n. 22378, è stata esclusa la responsabilità dei titolari di singole posizioni di garanzia in una peculiare vicenda di caduta da un ponteggio.
Nella vicenda, la caduta fu pacificamente dovuta alla riparazione del ponteggio in modo assolutamente maldestro, utilizzando del filo di ferro. In modo da determinare il cedimento della struttura alla sua prima utilizzazione. L’evento era stato determinato da tale riparazione di cui non era stato possibile individuare l’autore.
L’impalcatura presentava alcune imperfezioni che, però, non avevano avuto alcun ruolo negli accadimenti. La struttura era intatta poco prima dell’avvio dell’attività lavorativa dalla quale è scaturito l’infortunio. Ad iniziativa di persone diverse dagli imputati, l’impalcatura è stata oggetto di una manomissione completamente estranea a qualunque standard di ragionevolezza, totalmente sconsiderata; posto che i piani di camminamento erano sorretti da esile fil di ferro che non era assolutamente in grado di reggere il peso di una persona. In tale manomissione scriteriata, la S.C. ha colto un rischio nuovo e, di tale diverso rischio, non ha ritenuto che gli imputati siano responsabili.
L’esigenza a cui tutte tali pronunce cercano di rispondere è quella di tentare di separare le sfere di responsabilità dei soggetti cui compete l’obbligo giuridico di gestire la sicurezza, individuandone i confini e ponendo il concetto di rischio quale chiave di volta per la lettura degli intrecci causali,  in modo che il processo penale possa esprimere un ben ponderato giudizio sull’attribuzione di responsabilità per l’evento illecito (Cass., Sez. IV, Sent. 28246 del 2016, in materia di rischio sanitario ma con richiamo dei principi che regolano il contesto della sicurezza del lavoro).