Sindacato giallo o di comodo. Divieto di ingerenza del datore di lavoro

I datori di lavoro e le associazioni di datori di lavoro non possono costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori

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L’art. 17 dello Statuto dei Lavoratori (legge n. 300 del 20.5.1970) disciplina il sindacato di comodo, il quale statuisce che “E’ fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori” (su natura e finalità della norma: Corte Cost. Sent. N. 30 del 1990). Tale principio prende le mosse dall’art. 2 della “Convezione Internazionale del Lavoro” (O.I.L.), resa esecutiva dalla l. n. 367/1958.

Da una attenta lettura dell’art. 17, si evince che il Legislatore si è profondamente ispirato al contenuto dell’art. 2 dell’OIL senza effettuarne una mera trasposizione. Ma ha ritenuto di adattarlo ai principi che informano lo Statuto dei Lavoratori.

Il ”sostegno datoriale” all’organizzazione sindacale di comodo può assumere forme diverse e anche di estrema gravità. Premettendo che il finanziamento diretto nella realtà è molto raro, di seguito alcune esemplificazioni: favoritismi, discrezionalità e condizionamenti nell’individuare i livelli di comando, collusioni, promozioni di sindacalisti appartenenti all’organizzazione sindacale di comodo ed altro ancora.

In sostanza, la linea “morbida” sindacale, che non corrisponde alle richieste ed interessi dei lavoratori coinvolti, comporta uno scadimento delle relazioni sindacali, con evidenti gravi ricadute sulla normale dialettica sindacale. Ovvero il confronto/conflitto come dinamica naturale.

Il legislatore, come si può agevolmente constatare, ha volutamente previsto una versione generica della scrittura dell’articolo in questione, in quanto consente al giudice adito di valutare obiettivamente, di volta in volta, le varie casistiche che gli vengono sottoposte. Pertanto, tenendo conto della ratio della norma, le ipotesi legate all’art. 17 sono in concreto illimitate.

Quest’ultimo prevede, inoltre una seconda ipotesi, ovvero “sostegno, con mezzi finanziari o altrimenti, alle associazioni sindacali dei lavoratori”.

Tale previsione non ha un perimetro applicativo ben delineato. Circostanza che il legislatore ha deliberatamente previsto per permettere al giudice, come nella prima ipotesi sopra descritta, di valutare le ipotesi concrete.

Occorre precisare che ove le parti sindacali non convergessero in dinamiche di tipo tattico o strategico, ciò non è sufficiente per configurarsi quale “sostegno vietato”. Se così fosse il legislatore interferirebbe nelle dinamiche endosindacali, minacciando pesantemente la libertà sindacale. Previsione, quest’ultima, vietata espressamente dalla legge.

Infine, dalla lettura dell’art. 17 si evince la mancata previsione di alcuna sanzione in presenza di violazione della norma. In realtà l’utilizzo del rimedio giuridico trova concorde sia la dottrina che la giurisprudenza nell’utilizzare l’istituto del comportamento sindacale. Previsione statuita nell’art. 28 dello stesso Statuto dei Lavoratori.

Risulta problematica la rimozione degli effetti prodotti dal comportamento illecito. Una parte della dottrina ritiene che l’ordine di scioglimento del sindacato di comodo non travolge gli effetti sindacali che ne sono scaturiti a seguito di eventuali accordi sindacali. Ciò in quanto sarebbe in contrasto con gli artt. 2 e 18 della Cost. che tutelano la libertà sindacale. Altra dottrina sostiene di verificare se l’esistenza del “sostegno datoriale” abbia determinato vizi del contratto, al fine di dedurne eventuali invalidità, secondo le norme di diritto comune. Ed ancora una ulteriore dottrina evidenzia come un contratto sottoscritto da un sindacato di comodo debba essere considerato nullo ai sensi degli artt. 1418 c. 2 e 1345 c.c.

Dr. Sergio Merendino