Reti d’Impresa. Codatorialità. Ingaggio e regole

Il contratto di rete deve porre attenzione alle regole che disciplinano le modalità di esercizio del potere direttivo attribuito alle imprese nei confronti del personale di cui si avvalgono.

Richiamiamo il precedente articolo in tema di codatorialita’ del 19.10.2016 per sviluppare un ragionamento da intendersi esplicativo e rafforzativo delle convinzioni espresse sull’istituto.
In special modo sul principio che la codatorialità, dal punto di vista dell’impresa che si avvale delle prestazioni e di quella datrice di lavoro, configura una sorta di distacco a parte complessa.
Essa non coincide col distacco (art. 30 del D. Lgs. 276/03), ma con esso condivide, in particolare, la permanenza della titolarità del rapporto di lavoro in capo all’impresa che effettua l’assunzione.
L’art. 30 comma 4 ter del D.Lgs 276/2003 recita: «[…] Inoltre per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto stesso».
Il legislatore non ha fornito indicazioni compiute sul contenuto e le regole delle c.d. regole di ingaggio.
Nè pare possibile ricavarne direttamente l’accezione facendo ricorso a norme per casi che si presentano simili per ratio, oppure tramite l’applicazione dei principi generali dell’ordinamento. Un punto di riferimento può essere trovato in altre discipline (vedi Wikipedia).

Le regole di cui fa menzione la norma, ordinariamente convenute tra i soggetti retisti, a parere dello Scrivente, possono essere oggetto di una prima elementare ripartizione prendendo in considerazione la diversa funzione e il differente livello di cogenza.
Un primo gruppo è ascrivibile primariamente a finalità di “impostazione generale” del regime della codatorialità tra le stesse imprese che partecipano al contratto di rete.
Si tratta di regole a valore precipuamente “interno” e ordinano i rapporti tra i soli retisti.
Si possono far rientrare in tale novero le disposizioni che riguardano il numero dei dipendenti, e/o le funzioni principali o di supporto (es: marketing, produzione, logistica, etc.) e/o i reparti interessati (ad es: ufficio reclami, ufficio tecnico, reparto saldatura, etc.) da coinvolgere nella codatorialità.
Altre, di pari inquadramento concettuale e con valore massimamente interno, possono riguardare accordi di condivisione e distribuzione di costi retributivi e/o contributivi e/o assicurativi, oppure la gestione comune di adempimenti in materia di sicurezza del lavoro.
Altre ancora possono concernere patti sulla condivisione di costi in caso di determinate e prefissate ipotesi di responsabilità.
Oppure disciplinare gli oneri che possono derivare da infortuni occorsi nello svolgimento delle mansioni in regime di codatorialità, modulando al loro interno la responsabilità stabilita in linea di principio dal legislatore.
Da questo primo gruppo, vanno distinte le regole che sono più strettamente dirette a governare la “gestione” del regime della codatorialità.
Si possono ricomprendere in questa categoria quelle che riguardano, ad esempio, i tempi e/o i modi di funzionamento attuativo, la tipologia delle mansioni che le singole imprese possono affidare ai lavoratori, nonché altre disposizioni che toccano nello specifico le diverse attività di lavoro.
Queste prescrizioni hanno pure un rilievo interno tra i c.d. retisti ma sono destinate anche ad espandere i loro effetti nei confronti di soggetti terzi (dipendenti interessati, enti assicurativi e/o ispettivi etc.).
Esse manifestano con tutta evidenza l’esistenza di una stretta relazione, una connessione, con l’esercizio del potere direttivo.
Tutto ciò a conferma che l’istituto della codatorialità finisce per coinvolgere fondamentalmente l’esercizio di questo specifico potere, provocandone la condivisione tra una pluralità di soggetti.
Invece, non viene modificata la natura sostanziale del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore.
Solo nel caso in cui si intendesse condividere anche altri poteri tipici del datore di lavoro (ad esempio il potere disciplinare) si ricadrebbe nella diversa ipotesi della contitolarità del rapporto di lavoro (ovvero nell’ipotesi di assunzione congiunta).
Alla luce di quanto sopra, richiamato il testo dell’art. 4 ter del D.Lgs 276/2003 nella parte in cui si riferisce a “ dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto stesso”, pare coerente affermare che iI dipendente potrà ritenersi effettivamente “ingaggiato” qualora egli si sia “vincolato” a rispettare quest’ultimo gruppo di regole.
Un simile impegno perché sia pienamente efficace deve essere anche puntuale ed esteso all’insieme delle regole.
Per questa ragione, pare giustificato ritenere che debba essere altresì espresso con le forme efficaci previste per i rapporti di lavoro.
Solo in questo modo potrà configurarsi l’effettivo “ingresso” del dipendente nel regime della codatorialità.
Ed egli sarà così soggetto al potere direttivo delle imprese che hanno stipulato il contratto di rete e secondo il contenuto delle regole da loro concordate.
Ciò diversamente dal caso di “distacco” per il quale, in linea generale, non è richiesto il consenso del lavoratore.
La motivazione della necessità del consenso del lavoratore nella codatorialità è da ricercarsi nel fatto che, pur trattandosi della condivisione del potere direttivo come avviene nel distacco, tale condivisione, anche nelle reti più semplici, risponde ad un’esigenza “strutturata” delle parti coinvolte.
Le parti sono chiamate a svolgere insieme un programma (il programma di rete) al fine di raggiungere gli obiettivi che la rete si è data.
Il numero di imprese coinvolte, la tipologia di lavorazioni e/o di mansioni da svolgere, i tempi di durata del regime della codatorialità, richiedono una disponibilità da parte del lavoratore, in via di principio più duratura ed articolata da quella del distacco.
Il distacco infatti, di solito è temporalmente abbastanza limitato e richiede il consenso del lavoratore qualora implichi un mutamento di mansioni.
Quando comporti un trasferimento a una unita’ produttiva sita a piu’ di 50 km da quella in cui il lavoratore e’ adibito, il distacco puo’ avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Tutte queste particolarità, a parere di chi scrive, non trovano posto nel regime della codatorialità.
Per questo serve il consenso del lavoratore.
Poiché non viene meno il rapporto datore di lavoro/ lavoratore, un’azione diretta verso le imprese non datrici potrà ipotizzarsi solo in ipotesi di violazione delle specifiche regole attinenti la “gestione”, le uniche, si ritiene, che incidano anche sulla posizione contrattuale del lavoratore.
Le brevi considerazioni che precedono hanno natura di annotazioni e spunti per marcare le differenze con diversi regimi di gestione del rapporto di lavoro e per successive riflessioni.