La causa del contratto

La causa del contratto, gli effetti della nullità dello stesso, la conversione di un contratto nullo, la legittimazione all’azione e l’imprescrittibilità dell’azione di accertamento della nullità di un contratto

Sommario:

– La causa del contratto;
– Effetti della nullità del contratto;
– Conversione di un contratto nullo;
– Legittimazione all’azione di accertamento della nullità;
– Imprescrittibilità dell’azione di accertamento della nullità

 

La causa del contratto
L’art. 1325 c.c. stabilisce come i quattro requisiti del contratto siano: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma, quando è prescritta dalla legge a pena di nullità. E’ possibile pertanto affermare che la causa è un elemento essenziale, cioè costitutivo, del contratto. Peraltro il codice civile non fornisce una definizione della causa, ma si limita ad indicarla quale requisito del contratto.
L’art. 1418 c.c. prevede che il contratto sia nullo per la la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa [artt. 1343, 1344 c.c.], l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346.
A fronte della rilevanza della presenza della causa nel contratto e della mancanza di una definizione normativa della stessa, giurisprudenza e dottrina hanno provveduto a ricercarne una. Le più recenti sentenze della Cassazione hanno visto un progressivo abbandono della  tradizionale “teoria della funzione economico sociale del contratto” nella individuazione della causa del contratto, sviluppando una interpretazione maggiormente soggettiva della causa, intesa come “funzione economico individuale”del negozio, con rilevanti riflessi anche sul piano pratico. La Cassazione Sezioni Unite, con la Sentenza n. 4628/2015 afferma che “la Corte, dichiaratamente o meno, ha lasciato da parte la teoria della funzione economico sociale del contratto e si è impegnata nell’analisi dell’interesse concretamente perseguito dalle parti nel caso di specie, cioè della ragione pratica dell’affare”.
Maggior rilievo deve darsi, dunque, alla tutela degli “interessi soggettivi” delle parti.
Partendo da questo dato giuridico si può valutare il reale assetto di interessi che il contratto è diretto a realizzare, cioè la concreta modificazione che produce nella sfera giuridica dei contraenti. Ove tale modificazione manchi, infatti, il contratto sarà nullo per mancanza di causa, anche qualora, formalmente, fosse inquadrabile in un “tipo” contrattuale”. Anche nell’ipotesi in cui si ritenga non più sufficiente per la validità di un contratto, la circostanza che le parti si siano affidate ad uno dei tipi di contratto già previsti dalla legge, ritenendo necessario che lo stesso sia idoneo a generare un apprezzabile mutamento nella sfera giuridica dei contraenti, testando la causa in concreto, necessita prendere atto come debba essere provata la circostanza che le parti non intendevano generare l’effetto. In questo dibattito non si può ignorare la sentenza della Suprema Corte Sezioni Unite n. 4224/2017 la quale prevede che il vaglio di meritevolezza degli interessi perseguiti in concreto dalle parti
nella stipula di un contratto atipico deve avere ad oggetto la causa concreta.
In primo luogo la stessa ribadisce che “la causa concreta costituisce del resto uno degli elementi essenziali del negozio, alla cui stregua va valutata la conformità alla legge dell’attività negoziale effettivamente posta in essere, in riscontro della liceità (ai sensi dell’art. 1343 cod. civ.) e, per i contratti atipici, della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti ai sensi dell’art. 1322 cpv. cod. civ. (Cass. n. 1898/2000). Si individua e definisce, dunque, la causa nella “funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico – sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vali tipi contrattuali, si volga al fine a cogliere l’uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale” (Cass. n.10490/2006, Cass. n. 23941/2009).

Effetti della nullità del contratto
L’art. 1423 del codice civile stabilisce che il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente.
La nullità del contratto comporta come effetto l’inefficacia dello stesso. La sentenza del giudice, diversamente che per l’annullabilità, ha infatti natura dichiarativa e non costitutiva, questo comporta che il contratto è nullo prima che intervenga la sentenza, che ha solo la funzione di dichiararlo tale.
Il contratto nullo non produce effetti fra le parti. Lo stesso è come se non fosse stato mai stipulato. La nullità può investire l’intero contratto oppure singole clausole.
Esistono dei casi in cui però le clausole contrattuali nulle fanno venire meno gli effetti voluti dalle parti. In alcune circostanze infatti è la legge a sostituirsi automaticamente alle pattuizioni nulle, come si può rilevare in materia di lavoro e di locazione.

Conversione di un contratto nullo
L’art. 1424 del codice civile prevede che il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità.
In tema di conversione del contratto nullo, l’accertamento dell’ipotetica volontà dei contraenti deve essere sollecitato dall’una o dall’altra parte, non potendo essere operato d’ufficio dal giudice; inoltre, implicando un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, non può essere compiuto in sede di legittimità (Cass. civile sez. II, n. 6633/2012).
L’art. 1424 c.c. sulla conversione dei contratti nulli si applica, in virtù del richiamo operato dall’art. 1324 c.c., anche ai negozi unilaterali, a condizione che l’atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell’atto diverso e che l’atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Ne consegue che il diniego di rinnovazione della locazione ex art. 29 legge n. 392 del 1978, nullo in relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta cosiddetta “semplice” o a regime “libero” (non essendo richiesto che sia motivata) valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto (Cassazione civile sez. III n. 263/2011).

Legittimazione all’azione di accertamento della nullità
L’azione di nullità può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse (art. 1422 c.c.). La nullità dunque può essere fatta valere sempre e da chiunque ed è rilevabile dal Giudice anche d’ufficio. Si deve, peraltro, tener conto che la legittimazione generale all’azione di nullità, prevista dall’art. 1421 cod. civ., non esime l’attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse, a norma dell’art. 100 cod. proc. civ., non potendo tale azione essere esercitata per un fine collettivo di attuazione della legge  Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato improponibile la domanda di un cittadino che, promossa una raccolta di firme contro la vendita di un edificio comunale, aveva chiesto di invalidarla ai sensi dell’art. 1471, n. 1, cod. civ.  (Cass. civile, Sez. II, sentenza n. 2447 del 4 febbraio 2014).
In corso di causa non è necessario che una parte formuli alcuna richiesta al Giudice di far rilevare la nullità, dovendo lo stesso nei casi in cui si configuri tale ipotesi dichiararla d’ufficio (art. 1421 c.c.). I poteri officiosi di rilevazione di una nullità negoziale non possono estendersi alla rilevazione di una possibile conversione del contratto, ostandovi il dettato dell’art. 1424 cod. civ., – secondo il quale il contratto nullo può, non deve, produrre gli effetti di un contratto diverso – atteso che, altrimenti, si determinerebbe un’inammissibile rilevazione di una diversa efficacia, sia pur ridotta, di quella convenzione negoziale (Cassazione civile Sez. Unite. n. 26242/2014). La stessa Sentenza della Suprema Corte stabilisce poi che il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto deve rilevarne di ufficio la sua nullità solo parziale, e, qualora le parti, all’esito di tale indicazione officiosa, omettano un’espressa istanza di accertamento in tal senso, deve rigettare l’originaria pretesa non potendo inammissibilmente sovrapporsi alla loro valutazione ed alle loro determinazioni espresse nel processo.
Il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c. (Cassazione civile,Sez. Unite, n. 7294/2017).

Imprescrittibilità dell’azione di accertamento della nullità
Ai sensi dell’articolo 1422 del codice civile “l’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione”. Non vi sono dunque termini da rispettare per agire in nullità.
L’azione di simulazione, sia assoluta che relativa, in quanto diretta ad accertare la nullità del negozio apparente perché, in ogni caso, privo di causa per mancanza dello scopo economico sociale cui il contratto simulato è destinato, è imprescrittibile ai sensi dell’art. 1422 c.c., ancorché, nel caso della simulazione relativa in senso proprio, il decorso del tempo possa rilevare per i diritti nascenti dal negozio dissimulato, sì da far venire meno l’interesse all’accertamento della simulazione apparente. Tale situazione, peraltro, non ricorre in caso di interposizione fittizia di persona che è diretta ad identificare il vero contraente celato dall’interposto e non, invece, a far riconoscere gli elementi costitutivi di un diverso negozio, sicché l’azione ha carattere dichiarativo ed è imprescrittibile (Cassazione civile, Sez. VI, n. 9401/2016).
Pur essendo imprescrittibile l’azione di accertamento della nullità di un contratto nullo si deve tener presente che l’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso (Cassazione civile sez. III n. 15669/2011).
La proposizione della domanda giudiziale ha efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi degli art. 2943 e 2945 c.c., con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto nesso di causalità al rapporto cui essa inerisce; pertanto, la proposizione di una domanda di adempimento in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ex art. 2932 c.c., non spiega efficacia interruttiva della prescrizione dell’autonoma azione volta ad ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione del contratto preliminare poi dichiarato nullo (Cassazione civile sez. III, n. 15669/2011 cit.).