Contratti a termine. Proroga, rinnovo, obbligo dello stop and go

Dopo la conclusione di un contratto a tempo determinato, lo stesso dipendente non può essere riassunto subito con un nuovo contratto a termine pena la conversione a tempo indeterminato del rapporto

 

In tutta la normativa sui contratti a termine, di cui al D.Lgs.81/2015, e anche con il cd. Decreto Dignità, si manifesta in modo evidente la necessità di stabilire confini ed i limiti che definiscono il contratto di lavoro a termine, dato che il rapporto di lavoro di riferimento è solo quello a tempo indeterminato (art. 1 D. Lgs. 81/2015).
Questa tematica, riguardo al rapporto tra una ditta ed il medesimo lavoratore, può indicativamente ricondursi alle casistiche già esemplificate (Tabella  rinnovo, proroga e successione di contratti a termine).
Oltre che sulle modifiche dei termini e sulle casistiche introdotte dal Decreto Dignità, particolare attenzione va posta sulla regolamentazione della proroga e rinnovo dei contratti a termine tra i medesimi soggetti contraenti, anch’essa ordinata in modo funzionale alla prospettiva di assicurare il carattere di eccezione del rapporto di lavoro a termine rispetto all’assunzione a tempo indeterminato.
Si ritiene che si debba intendere:

  • per proroga, il protrarsi nel tempo, senza soluzione di continuità, del medesimo rapporto attraverso la negoziazione del solo spostamento in avanti del termine a suo tempo convenuto. In sostanza, si differisce la scadenza conclusiva del rapporto che resta regolato dalla sua fonte originaria. L’accordo sul nuovo termine deve essere concluso prima della scadenza in principio pattuita, diversamente vi sarebbe l’estinzione del rapporto ovvero, in caso di prosecuzione oltre i termini ammessi per la cd. prosecuzione di fatto (art. 22 D. Lgs. 81/2015), la sua conversione a tempo indeterminato. Per evitare quest’ultimo effetto, qualunque accordo successivo impone il rispetto di un lasso di tempo tra il primo e il secondo rapporto secondo la regola del cd. Stop and Go (art. 21 D. Lgs. 81/2015).
  • per rinnovo – ai fini della specifica disciplina – la “rinegoziazione” tra i medesimi soggetti del rapporto con la conferma del precedente contenuto contrattuale riguardo a mansioni, livello e categoria legale (art. 96 disp. Att. c.c. e Cass., Sez. L, Ordin. n. 28240 del 2018 sull’obbligo di far conoscere al prestatore di lavoro, al momento dell’assunzione, la categoria e la qualifica che gli sono assegnate; art. 2095 c c. sulle Categorie dei prestatori di lavoro). Dunque, una specifica eventualità di rinnovo, il quale di per sé comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto che potrebbe concludersi con la conferma delle precedenti condizioni, ma anche con la modifica di alcune di esse considerate non più attuali. Per poter avviare un nuovo contratto a termine dopo la conclusione di un precedente, è sempre necessario che sussista una delle causali stabilite per il superamento della durata di 12 mesi e l’atto, concluso per iscritto, dovrà contenere il riferimento espresso alle esigenze che motivano il rinnovo. Alla regola, fanno eccezione solo le attività stagionali e le eventuali diverse disposizioni dei contratti collettivi (art. 19, comma 2 del D.Lgs. 81/2015).
    Dunque, la successione di più rapporti a termine conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, determina la necessaria alternanza di periodi di lavoro e vigenza contrattuale a momenti di assenza di qualsiasi rapporto tra le parti.
    Se quanto sopra è corretto, appaiono giustificate le sotto indicate considerazioni.
    Possibili casi che si possono verificare tra l’impresa A ed il lavoratore B:
    1-PROROGA
    L’unico contratto a termine viene prorogato (ovvero ne viene spostata in avanti la scadenza);
    2- SUCCESSIONE
    In questa ipotesi può trattarsi di:
    a- RINNOVO del medesimo contratto dopo uno o più periodi di non lavoro e non vigenza contrattuale,
    b- STIPULA e svolgimento di contratti a termine diversi tra loro intervallati uno rispetto all’altro da periodi di non lavoro e non vigenza contrattuale.
    Per impedire che tra le medesime parti possano essere avviate indefinitamente “attività lavorative” a termine, violando così la regola per cui il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato, il Legislatore, ai fini della durata massima, ha parificato la proroga con l’ipotesi della successione, sempre che si tratti di contratti conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. In tali casi, i rapporti di lavoro a termine (e/o le missioni in somministrazione presso la medesima impresa), indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non possono superare i ventiquattro mesi.
    La normativa, ricomprendendo tutte le ipotesi di contratto/i con mansioni di pari livello e categoria legale, intende assicurare che la semplice modifica delle mansioni non risulti idonea alla prosecuzione dei rapporti a termine oltre la durata massima stabilita. Se i limiti di durata fossero riferibili solamente allo svolgimento delle medesime mansioni, pur rimanendo all’interno del medesimo livello contrattuale, per superarli sarebbe stata sufficiente una modifica più o meno marcata delle stesse (passando ad esempio da Contabile generico a Contabile clienti nel 3° liv. del CCNL Metalmeccanico Industria). Ricordiamo che ciascun livello contrattuale, di norma, può contemplare mansioni anche notevolmente differenti una dall’altra (sull’esercizio dello ius variandi datoriale nel contratto a termine: Corte di Cass., Sez. L, Ordin. n. 20647 del 2017).
    Prendiamo ad esempio quanto riportato nel CCNL Metalmeccanica Industria del 26 NOVEMBRE 2016 che per i lavoratori inquadrati nella 3ª categoria testualmente dispone:
    Appartengono a questa categoria (o livello n.d.r.):
    Guidamacchine attrezzate
    Lavoratori che effettuano, anche su linee di montaggio, interventi di normale difficoltà su apparecchiature a serie o loro parti per la riparazione di guasti aventi carattere di ricorrenza.
    Riparatore
    Lavoratori che effettuano anche su linee di montaggio, sulla base di prescrizioni, schede, disegni, lavori di normale difficoltà di esecuzione con l’ausilio di strumenti elettrici predisposti e/o strumenti meccanici non preregolati e/o preregolati per il collaudo di apparecchiature a serie o loro parti per la individuazione di anomalie e per l’opportuna segnalazione.
    Collaudatore
    Lavoratori che, sulla base di prescrizioni specifiche, disegni, metodi definiti di analisi o di misurazione, eseguono, con l’ausilio di apparecchiature predisposte o con interventi semplici per la loro predisposizione e/o strumenti elettrici predisposti e/o strumenti meccanici non preregolati e/o preregolati, prove di normale difficoltà per il controllo delle caratteristiche fisiche, chimiche, tecnologiche di materiali, apparecchiature o loro parti anche prodotte a serie, registrando i dati e segnalando le eventuali discordanze.
    Addetto prove di laboratorio
    Addetto sala prove etc. etc., mentre per quanto riguarda le figure impiegatizie:
    Lavoratori che, secondo procedure prestabilite e seguendo istruzioni dettagliate, svolgono nell’ambito dei settori amministrativi attività di servizio con compiti esecutivi quali ad esempio:
  • compiti vari di ufficio;
  • centralinista telefonico.
    Lavoratori che, sulla base di procedure prestabilite e seguendo istruzioni dettagliate, svolgono attività esecutive di natura amministrativa per la classificazione, il confronto, la trascrizione e la totalizzazione di dati su moduli e/o prospetti.
    Contabile
    Contabile clienti
    Lavoratori che, su documenti già esistenti e seguendo istruzioni dettagliate, ricopiano disegni.
    Addetto lucidi
    Addetto trascrizione disegni

    Essendo invece necessario modificare contemporaneamente le mansioni e il livello e/o la categoria legale per continuare ad intrattenere rapporti a termine col medesimo lavoratore, in caso di uso strumentale, appare concreto il rischio di esporsi non solo alla trasformazione da contratto a termine in contratto a tempo indeterminato per superamento della durata massima, ma anche ad una possibile richiesta di danni per demansionamento oppure di rivendica di differenze retributive e assegnazione di un livello di inquadramento superiore.
    Per quanto riguarda la disciplina della proroga, il Min. Lav., con la circ. 31.10.2018, n. 17 , ha affermato che ” la proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza. Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto”.
    In questo modo, la proroga del contratto è subordinata inflessibilmente al permanere delle “ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine”.
    Una simile posizione così radicale, però, sembra non essere del tutto esente da rilievi e tale da non offrire soluzioni a situazioni peculiari e tutt’altro che infrequenti nel mondo del lavoro.
    Si richiama l’attenzione sul caso di una ditta che proceda all’assunzione di una impiegata amministrativa al 5° livello del c.c.n.l. metalmeccanico industria, per una durata iniziale di 13 mesi. La durata impone che, per stipulare validamente il contratto, debba sussistere sin dall’inizio una delle condizioni previste dall’art. 19 comma 1 del D.Lgs. 81/2015.
    Poniamo che l’assunzione sia stata fatta sotto la condizione delle esigenze sostitutive di altri lavoratori (es: per sostituire una lavoratrice assente per maternità). Nel caso in cui, prima del rientro della lavoratrice dalla maternità, “sorga” un’esigenza diversa, sempre compresa nel novero di quelle previste dall’art. 19 sopra citato (ad esempio un’esigenza connessa ad un incremento temporaneo, significativo e non programmabile dell’attività ordinaria per circa 9 mesi), e tale da richiedere un’unità aggiuntiva nell’ufficio amministrazione che svolga proprio il lavoro cui è adibita la lavoratrice a termine, l’impresa – che risulterebbe danneggiata dall’interruzione dell’attività lavorativa – non potrebbe procedere alla proroga del contratto a termine, e sarebbe costretta, dopo lo “stop and go” alla stipula di un nuovo contratto.
    Nel caso di cui sopra, poiché la nuova “condizione” è venuta ad esistenza prima della scadenza del termine originariamente apposto al contratto, la possibilità di una proroga potrebbe rappresentare una soluzione per l’emergenza aziendale verificatasi.
    La portata pratica prima che giuridica è evidente: consentire alle Parti del rapporto di lavoro di evitare di dover rispettare un inutile e dannoso stop and go.
    Per contro, accogliere la tesi del Min. Lav., circ. 31.10.2018, n. 17 sulle condizioni necessarie per una proroga finisce per comportare e un limite ingiustificato all’esercizio dell’attività di impresa e alla libertà contrattuale delle parti.