Società, amministratori e sicurezza nei luoghi di lavoro

Il datore di lavoro è il dominus di fatto dell’organizzazione aziendale e delle scelte gestionali di fondo in quanto esercita poteri decisionali; nelle società può ricoprire questo ruolo anche l’intero consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo (cosiddetto Board) se partecipe delle decisioni sulla vita aziendale che riguardano le scelte e le spese prevenzionistiche

Sommario:
1) Datore di lavoro;
2) Società di capitali e di persone;
3) Possibilità di delega;
4) Limiti delega;
5) Rspp.

Datore di lavoro
Il sistema prevenzionistico è fondato su diverse figure di garanti che personificano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale.
Il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica. Tale dato si può desumere oltre che dalla normativa in materia, anche dalla “norma di chiusura” stabilita nell’art. 2087 del codice civile, che integra tuttora la legislazione speciale di prevenzione, imponendo al datore di lavoro di farsi tout court garante dell’incolumità del lavoratore (Cass. n. 7897 del 2016).
Si tratta del soggetto che ha la responsabilità dell’organizzazione dell’azienda o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
L’attuale definizione contenuta nel T.U. è simile a quella espressa nella precedente normativa degli anni ’90 ed a quella fatta propria dalla giurisprudenza.
L’ art. 2 comma 1, lett. b) del D. lgs. 81/2008 recita: “1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
a) […] b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni […]. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo”.
La norma sottolinea il ruolo di dominus di fatto dell’organizzazione ed il concreto esercizio di poteri decisionali e di spesa. L’ampiezza e la natura dei poteri è anche indirettamente definita dall’art. 16 del T.U. che, con riferimento alla delega di funzioni, si occupa del potere di organizzazione, gestione, controllo e spesa ( Cass. Sez. U. 38343 del 2014).
In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del d. lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Cass. 11529 del 2020).

Società di capitali e di persone
Anche nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda e quindi con i vertici dell’azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni. Con la conseguenza che gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro possono gravare indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass. n. 7564 del 2020). Ne discende la possibilità della coesistenza, all’interno della medesima impresa, di più figure aventi tutte la qualifica di datore di lavoro, cui incombe l’onere di valutare i rischi per la sicurezza, di individuare le necessarie misure di prevenzione e di controllare l’esatto adempimento degli obblighi di sicurezza (Cass. 49402 del 2013).
Quanto alle società di persone la posizione di garanzia può estendersi anche ai soci.
Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza della S.C. “l’obbligo di adottare le misure idonee e necessarie alla tutela dell’integrità fisica dei lavoratori, quando si tratti di società di persone e non risulti l’espressa delega a persona di particolare competenza nel settore della sicurezza, incombe su ciascun socio” (Cass. n. 32193 del 2009; Cass. n. 18683 del 2004 per un caso di impresa familiare ritenuta società di fatto ai fini della resp.).

Possibilità di delega
Quanto ai profili formali dell’assunzione della qualifica di datore di lavoro in materia di infortuni sul lavoro gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega che risulti da atto scritto recante data certa, ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008, riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 cit.).
Peraltro, la delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, se specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono, comunque, essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega – così, in una fattispecie relativa ad impresa il cui processo produttivo, riguardando beni realizzati anche con amianto, aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri, Cass. n. 988 del 11/07/2002 – dep. 14/01/2003, che ha ritenuto che, pur a fronte dell’esistenza di amministratori muniti di delega per l’ordinaria amministrazione e per l’adozione di misure di protezione concernenti i singoli lavoratori od aspetti particolari dell’attività produttiva, gravasse su tutti i componenti del consiglio di amministrazione il compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell’azienda, il cui radicale mutamento – per l’onerosità e la portata degli interventi necessari – sarebbe stato indispensabile per assicurare l’igiene del lavoro e la prevenzione delle malattie professionali (Cass. n. 7564 del 2020 cit.).
Dunque, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità il datore di lavoro allorché le carenze nella disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze organizzative e strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza, che per l’importanza e per l’intima correlazione con le scelte aziendali di fondo sono e rimangono attribuite al potere/dovere del datore di lavoro (Cass. n. 4084 del 2014).
La delega di funzioni, anche nei casi in cui essa è ammessa, non esclude comunque, siccome espressamente previsto dall’art. 16, comma 3, del T.U., l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite: obbligo che può intendersi assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4, del medesimo testo normativo (Cass. Sent. n. 4084 del 2014 cit.).
Va precisato che nelle società di capitali il Presidente del CdA ha solo la rappresentanza legale e nessun potere gestorio, salvo il caso in cui gli venga attribuita un’apposita delega. In tale ipotesi, si accentra in unica persona la figura del Presidente e dell’Amministratore Delegato. Per quanto concerne la delega sulla “sicurezza” deve trattarsi di una delega specifica e molto ampia, non inerente la gestione ordinaria della società, in quanto i poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa non devono avere limiti in linea di massima, anche se è vero che l’art. 16, c.1, lett. d), non prevede obbligatoriamente un potere di spesa illimitato ma “l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”. Perciò, nell’atto di delega possono risultare anche dei limiti di spesa purché assicurino nel concreto al delegato una disponibilità adeguata e coerente riguardo alle funzioni affidate.
Una delega con tali requisiti in pratica trova la sua applicazione nelle strutture di medie o ampie dimensioni, mentre per le imprese più piccole nella realtà può essere oltre modo difficile, se non impossibile, attuarla per l’ampiezza necessaria e soprattutto per il budget di spesa, se non inserendo obblighi di rendicontazione che possono poi contrastare con l’esigenza di un’effettiva autonomia finanziaria.
Di conseguenza, la figura del datore di lavoro, come individuato nel D.lgs. 81/2008, nelle società di capitali di più piccole dimensioni finisce per rimanere in capo al CDA per l’impossibilità pratica di attribuire una delega con efficacia sostanziale.
In ultima istanza, si ravvisa che nel caso di gestione monocratica della società (Amministratore Unico) con poteri di gestione limitati, potrebbe essere ipotizzabile anche il coinvolgimento dei soci, ove questi siano soggetti legittimati a deliberare scelte e budget di spesa per interventi di una certa entità in materia prevenzionistica.

Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
Va chiarito che la designazione del RSPP non equivale a delega di funzioni, utile ai fini dell’esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica e, quindi, non consente di trasferire allo stesso la posizione di garanzia che egli ordinariamente assume ex lege nei confronti dei lavoratori e che lo obbliga a prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all’espletamento dell’attività lavorativa.
La nomina del RSPP, in altri termini, non ha nulla a che vedere con l’istituto della delega di funzioni di cui all’art. 16 del Dlgs. 81/2008 e non può assumerne la medesima rilevanza ai fini dell’esonero della responsabilità.
Essendo considerato un semplice “ausiliario” del datore di lavoro, non può venire chiamato a rispondere direttamente del proprio operato – salvo nei limiti di cui si dirà in seguito, ma sempre eventualmente in concorso con il datore di lavoro- proprio perché difetta di un effettivo potere decisionale.
Si tratta, infatti, di un soggetto che opera, piuttosto, quale “consulente” del datore di lavoro, essendo e rimanendo quest’ultimo direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio (Cass. 24958 del 2017).
E i risultati del suo specifico apporto e delle sue elaborazioni, come in qualsiasi altro settore dell’amministrazione dell’azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, del lavoro), vengono fatti propri dal vertice che lo ha scelto sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e che della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ha l’obbligo di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. (Sez. U, n. 38343 del 24/4/2014 cit. fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).
La Corte di Cassazione, Sez. IV, con la sentenza del 27.01.2011 n. 2814 ha individuato la responsabilità penale del RSSP nel caso in cui il datore di lavoro non applichi una “doverosa misura di prevenzione a causa di un errato suggerimento o di una mancata segnalazione circa una situazione di rischio da parte del RSPP, che abbia agito con imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, quest’ultimo sarà chiamato a rispondere dell’evento dannoso derivatone, essendo l’infortunio a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale”. Responsabilità penale del RSSP che si ravvisa quando l’infortunio “sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare” Cass. 18.3.2010 n. 16134.
La riconosciuta possibilità che il RSPP concorra nel reato con il datore di lavoro non ne muta, comunque, la natura di mero consulente di quest’ultimo, la cui designazione non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Lo conferma, peraltro, il dato normativo, laddove, al comma 5, l’art. 31 del D.Igs 81/2008, si preoccupa di chiarire che anche ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia. Peraltro, la giurisprudenza della Corte di legittimità è da tempo consolidata, oltre che nel ribadire che il RSPP ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti, nel senso di ritenere il datore di lavoro sia responsabile anche delle eventuali negligenze del RSPP (Cass 24958 del 2017 cit.).