Aliud pro alio nella compravendita immobiliare e rilevanza della presenza di abusi edilizi ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria. La vendita di “alíud pro alio” ricorre quando il bene consegnato è completamente diverso da quello venduto, perché appartenente ad un genere differente oppure con difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti.
Compravendita immobile
La vendita aliud pro alio è un istituto di creazione giurisprudenziale, e non trova un diretto riferimento ad una esplicita norma di legge.
E’ configurabile la consegna di “aliud pro alio” non solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile; in tale ultimo caso, è necessario che la particolare utilizzazione della cosa sia stata espressamente contemplata, da entrambe le parti, nella negoziazione (Cass. n. 10045 del 2018 ;(Cass. Ordin. n. 10456 del 2020).
La giurisprudenza ha chiarito le differenze di tale fattispecie con il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.), e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.) che invece presuppongono l’appartenenza della cosa al genere pattuito (Cass. n. 6596 del 2016 e Cass. n. 7286 del 2018).
La vendita aliud pro alio datum legittima l’acquirente a chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, ex art. 1453 c.c., dando luogo ad una ordinaria azione di risoluzione contrattuale.
Pacificamente, secondo quanto stabilito dall’art. 1453 c.c. il venditore sarà responsabile solo se colpevole, secondo i principi generali che regolano l’inadempimento.
A conferma che effettivamente ci si deve trovare di fronte all’acquisto di una cosa diversa da quella pattuita, si richiama, traendone argomento a contrario, la giurisprudenza secondo cui “in caso di compravendita di un’area fabbricabile in funzione di un determinato progetto edilizio, rivelatosi inattuabile per la minore potenzialità edificatoria del fondo rispetto a quella sulla quale il compratore aveva fatto affidamento, la responsabilità del venditore, derivante dalla situazione di fatto prospettata, non corrisponde ad un’ipotesi di vendita di cosa diversa da quella pattuita, essendo il bene immutato sia nella sua materialità che nella sua idoneità ad essere edificato, mentre la circostanza che sul suolo acquistato possa essere costruito un edificio di superficie minore rispetto a quella stimata incide unicamente sulle qualità promesse” (Cass. n. 13612 del 2013).
Similmente , in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, v. Corte di Cass. n. 31005 del 2017.
Il fondamento della risoluzione per inadempimento viene individuato,
prevalentemente, nell’alterazione del sinallagma costituendo l’inadempimento un’anomalia funzionale del contratto che impedisce la realizzazione della causa.
Quest’ultima caratteristica, per esempio, nella consolidata giurisprudenza di legittimità, risulta integrata dalla mancanza del certificato di agibilità ritenuto in grado, per l’appunto, di condizionare il bene ad assolvere alla sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità ( Cass. 23/01/2009 n. 1701; Cass. 11/10/2013 n. 23157; Cass. 14/01/2014 n. 629).
L’agibilità costituisce un requisito fondamentale dell’immobile venduto o promesso in vendita, sia perché la sua esistenza significa che lo stesso è idoneo all’uso abitativo, in quanto conforme a certi standards di stabilità, sicurezza ed igiene, sia perché solo un immobile dotato di tale prerogativa è idoneo ad «assolvere una determinata funzione economico sociale e quindi a soddisfare in concreto i bisogni che hanno indotto l’acquirente ad effettuare l’acquisto».
Tuttavia, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene.
Infatti, il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude che la vendita dell’immobile che al momento del contratto ne sia privo possa essere configurata come una ipotesi di vendita di aliud pro alio (Cass. Sent. n. 17123 del 2020; Cass. Ordin. n. 20426 del 2018) e la risoluzione non può essere pronunciata ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda ( Cass. Ord. n. 29090 del 2017).
Invece, l’inesistenza delle condizioni per il rilascio della licenza di abitabilità in una situazione caratterizzata da una grave e insanabile violazione urbanistica integra la fattispecie della consegna di aliud pro alio, con la possibilità di promuovere l’azione contrattuale di risoluzione per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. e seguenti. Cass. 11.02.1998 n. 1391.
In tema di compravendita qualora si verifichi l’ipotesi di consegna di aliud pro alio, oltre all’ordinaria azione contrattuale di adempimento o risoluzione a norma dell’art. 1453 c.c., si può proporre anche l’azione di risarcimento del danno per inadempimento del contratto, sia insieme con quella di risoluzione sia anche da sola, in quanto l’art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l’azione risarcitoria presupponga come necessario l’esperimento dell’azione di risoluzione del contratto Cass. 5100/2006.
Va chiarito che la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale è domanda del tutto autonoma da quella di risoluzione, potendo le stesse essere proposte congiuntamente o separatamente, come si evince dall’art. 1453 c.c., atteso che l’inadempimento sussiste o meno – con tutte le conseguenze sul piano del diritto al risarcimento del creditore della prestazione inadempiuta – indipendentemente dall’eventuale pronuncia di risoluzione.
Occorre porre attenzione al fatto che, al fine di determinare il dies a quo di decorrenza della prescrizione, il termine di prescrizione del diritto dell’acquirente alla risoluzione del contratto ed al risarcimento del danno, derivante dalla vendita di aliud pro alio, decorre “ non dalla data in cui si verifica l’effetto traslativo ma dal momento in cui, rispettivamente, ha luogo l’inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo, cioè, riguardo all’epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto risarcitorio da parte del creditore” (Cass. n. 1889 del 2018).
Qualora sussistano i presupposti di una compravendita aliud pro alio viene meno il vincolo fissato dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1495 c.c., termini che riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per vizi o mancanza di qualità della cosa venduta. Questo in ragione del fatto che si tratta di una ipotesi più grave di inadempimento che si realizza quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella contratta o sia assolutamente priva delle capacità funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente.
Pertanto, nella fattispecie sopra richiamata si applica la disciplina dell’azione contrattuale di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. che è svincolata dall’osservanza dei più ristretti termini di cui all’art. 1495 c.c., rimanendo piuttosto soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale (Cass. 05/02/2016, n. 2313).
Regolarità urbanistica
In materia immobiliare l’azione di risarcimento danni da parte dell’acquirente in forza di una compravendita aliud pro alio deve essere, peraltro, valutata con particolare attenzione e cautela.
Questo, in particolare alla luce della nuova giurisprudenza della Suprema Corte in materia di atti di trasferimento di immobili non in regola con le norme urbanistiche, caratteristica che potrebbe avere l’immobile mancante di qualità essenziali e idonee all’uso cui è destinato.
La Suprema Corte ha affermato che la non perfetta formulazione dell’Art. 40 comma 2 della L. 47/85 (ancora vigente) debba essere interpretata nella sua più ampia accezione, e quindi finalizzata a ostacolare il fenomeno degli abusi edilizi attraverso il passaggio della compravendita immobiliare.
Gli articoli 17 e 40 della L. 47/85, con la precisazione che l’art. 17 della L. 47/85 è stato poi traslato e assorbito nell’art. 46 del T.U. D.P.R. 380/01, nella loro stesura prevedevano una nullità formale(ex art. 1418 C.C.) per gli atti di compravendita in caso di omessa citazione degli estremi delle licenze, concessione edilizia o della concessione edilizia in sanatoria. La Cassazione Civile sez. II con le sentenze n. 23591/2013 e n. 25811/2014, discostandosi dal previgente orientamento ha esteso gli effetti dell’art. 40 co. 2 L. 47/1985. Non solo deve dichiararsi la nullità degli atti di compravendita da cui non risulti la formale regolarità urbanistica del bene o la pendenza del procedimento di sanatoria, ma tale nullità deve essere dichiarata ed estendersi anche ai casi di nullità di carattere “sostanziale” per gli atti di trasferimento di immobili. Ossia gli atti di compravendita aventi ad oggetto immobili che risultino, comunque, non in regola di fatto con la normativa urbanistica, anche in presenza di una documentazione formalmente corretta entrando nel merito della veridicità della stessa.
A questo punto deve considerarsi come secondo la Suprema Corte, la rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto opera quando si chieda l’adempimento del contratto, in considerazione del potere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell’azione, Cass. 6 Ottobre 2006 n. 21632. Caso che certo può identificarsi in una richiesta di risarcimento danni a seguito di un inadempimento contrattuale basato su una compravendita aliud pro alio in cui si è in presenza di abusi edilizi. Questo non potendo il Giudice liquidare un danno in ragione di un inadempimento di un contratto compravendita che deve essere ritenuto e dichiarato nullo.
Dunque, la vendita di un immobile che presenti irregolarità dal punto di vista urbanistico non comporta semplicemente l’inadempimento e, dunque, la responsabilità contrattuale del venditore, ma implica la nullità del contratto stesso.
Ne deriva il fatto che sussiste una reale e concreta possibilità che l’azione di risarcimento danni per una compravendita aliud pro alio relativa ad un immobile “provochi” una dichiarazione di nullità da parte del Giudice del contratto di compravendita, circostanza non sempre voluta o cercata da chi ha intrapreso una causa per il risarcimento danni.