Titolo edilizio e diritti dei terzi

I titoli edilizi sono sono rilasciati dalla P.A. con la clausola “fatti salvi i diritti dei terzi”. I terzi danneggiati possono utilizzare gli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, quali esposti all’A. G., istanza alla P.A. di esercizio del potere di autotutela o dei poteri sanzionatori, azioni in sede civile e amministrativa

Sommario

Efficacia del titolo;
Verifiche della p.a.;
Limiti legali e negoziali;
Tutela del terzo;
Conclusioni.

Efficacia del titolo

L’autorizzazione edilizia si limita a disciplinare la realizzazione delle opere dal punto di vista della conformità urbanistica, non può comprimere i diritti soggettivi che possono rimanere lesi dall’attività edificatoria (Cass. Sent. n. 992 del 2008) e, pertanto, il titolo edilizio è sempre rilasciato con la formula «salvi i diritti del terzo».
Né sarebbe immaginabile che l’amministrazione possa autorizzare un’attività che, già in base al riscontro documentale, risulti contra legem.
Il rilascio fa salvi i diritti dei terzi perché il titolo abilitativo non può interferire nell’assetto dei rapporti fra privati (Cons. di Stato Sent. n. 4638 del 2018); precisa la giurisprudenza che il titolo ha il fine di rimuovere un ostacolo pubblicistico alla esplicazione del diritto di edificare e non incide nei rapporti fra privato costruttore e i suoi vicini, che conservano il diritto di ottenere il risarcimento del danno e la riduzione in pristino (Cass. n. 15242 del 2017).  Per questi motivi, lart. 11, co. 3, dpr 380/01, dispone espressamente che “ Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi”. Anche in caso di sanatoria, il titolo svolge i suoi effetti esclusivamente nei rapporti tra l’autore dell’intervento e la P.A., avendo il solo scopo di conservare l’opera realizzata abusivamente e di tutelare l’autore dalle sanzioni di carattere amministrativo o penale. Allo stesso modo il condono edilizio è volto a disciplinare i rapporti tra privato costruttore e Pubblica Amministrazione, con l’effetto di sanare l’opera abusivamente realizzata dal punto di vista amministrativo, penale e fiscale e di sottrarre l’autore dell’abuso alle sanzioni previste; senza essere idoneo ad incidere sui diritti soggettivi dei terzi (Cass. n. 9268 del 2018; T. A.R. Lazio  n. 3804 del 2013).
Il principio  deve essere ribadito a maggior ragione nel caso di attività edilizia che si intenda realizzare in base a  segnalazione certificata di inizio attività (Scia), che, secondo l’art. 19, co. 6-ter l. n. 241/1990, non costituisce un provvedimento amministrativo, anche tacito, per cui l’attività edilizia si svolge su un piano dove non è nemmeno previsto l’esercizio di poteri amministrativi (Cons. di Stato  Sent. 5115 del 2018). In questa evenienza, il terzo che si assume leso può solamente sollecitare i poteri di verifica spettanti all’amministrazione e, di fronte all’inerzia, esperire l’azione avverso il silenzio, come previsto dall’art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241/1990 in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. (TAR Liguria Sent. n. 242 del 2020) ovvero l’azione di annullamento, nell’ipotesi in cui l’amministrazione si sia determinata con un provvedimento espresso lesivo dei propri interessi (T.A.R. Sicilia 16 luglio 2018, n. 1497, in materia di Cila).
Dunque, né il permesso di costruire, né gli altri titoli edilizi incidono sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del loro rilascio, né tanto meno pregiudicano la titolarità o l’esercizio di diritti relativi ad immobili diversi da quelli oggetto d’intervento (Cons. Stato 27 aprile 2017 n. 1942).

Verifiche della p.a.

 L’amministrazione non ha  uno specifico dovere di verificare se l’intervento o la costruzione pregiudichi diritti civilistici di terzi. In sede di esame dell’istanza volta al rilascio di un titolo edilizio, l’amministrazione non deve verificare ogni aspetto civilistico che potrebbe essere rilevante (Cons. Stato 23 maggio 2016 n. 2116).  In altre parole, non è concretamente esigibile un approfondimento da parte del Comune di ogni singolo aspetto privatistico relativo ai rapporti tra condomini e di vicinato astrattamente idoneo a riflettersi sulla legittimazione del richiedente il titolo edilizio (Cons. di St. n. 5270 del 2017).
Il vaglio del Comune in ordine al rilascio dei titoli abilitativi edilizi si incentra principalmente sull’osservanza delle disposizioni pubblicistiche in punto di rispetto della normativa edilizia ed urbanistica (Cons. di St. n. 310 del 2019). Infatti, secondo l’orientamento prevalente del Consiglio di Stato, in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio – segnatamente, in sede di esame sull’effettiva disponibilità giuridica del bene oggetto dell’intervento edificatorio, limitando invero l’art. art. 11 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 la legittimazione attiva all’ottenimento della concessione edilizia a chi sia munito di titolo giuridico sostanziale per richiederlo – sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, ma soltanto alla condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici (C. di Stato Sent. n. 4861 del 2016).
Vale il principio per cui l’amministrazione è tenuta ad accertare la conformità dell’opera alla disciplina urbanistica, e a non ledere eventuali diritti di terzi che siano stati fatti valere o siano dalla stessa individuabili Cons. di Stato Parere n. 1890 del 2017).
La regola generale, per cui il titolo è rilasciato salvi i diritti dei terzi, sui quali quindi il Comune non è tenuto a svolgere particolari indagini, trova un limite nei casi in cui al Comune sia avvertito che il diritto di chi richiede il titolo abilitativo è contestato sul piano privatistico, tanto più se v’è contenzioso in atto sul diritto. In questa situazione, l’A.C. dovrebbe compiere le indagini necessarie per verificare se tali contestazioni siano fondate e, se del caso, denegare o differire il rilascio del titolo se il richiedente non è in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto o della liceità dell’opera e ciò anche senza attendere necessariamente la soluzione del contenzioso civile (Cons. di Stato Sent. n. 2991 del 2020).  Inoltre, detta regola  non può determinare l’esonero da responsabilità dell’Amministrazione secondo i principi generali (art. 2043 c.c.), quando la stessa, con comportamenti commissivi o omissivi ha concorso a cagionare la lesione del diritto dominicale (Cons. Stato n. 5475 del 2017).

Limiti legali e negoziali

In relazione al rilascio dei titoli edilizi abilitativi, tra le limitazioni al diritto a costruire, ai fini del rilascio dei titoli abilitativi, anche in sanatoria, si è distinto in giurisprudenza tra limiti di natura “legale” e limiti di fonte “negoziale”.  Si differenziano i limiti “legali” dell’attività edificatoria concernenti i rapporti tra proprietari di fondi finitimi (essenzialmente rivenienti nella disciplina contenuta nel libro terzo, capo II, c.c.: ad es. prescrizioni in materia di distanze, luci e vedute: in materia di violazione distanze dalle vedute v. T.A.R. per il Lazio n. 151 del 2018) dai limiti che discendono non direttamente dalla legge ma dall’esercizio dell’autonomia negoziale. Fra questi ultimi spiccano gli iura in re aliena di godimento, tra cui usufrutto e servitù, cui corrispondono altrettante restrizioni del diritto di proprietà riguardanti lo ius aedificandi dei confinanti, che può risultare semplicemente inciso o del tutto sottratto. Detti limiti operano in modo diverso sul piano dei controlli esercitabili dall’amministrazione in sede di rilascio del permesso di costruire.
I limiti “legali” trovano applicazione generalizzata e concorrono a formare lo statuto generale dell’attività edilizia, per cui non pongono problemi di conoscibilità all’amministrazione che è tenuta a considerarli sempre. Diversamente, per le limitazioni “negoziali” del diritto di costruire, cui può ricondursi ad esempio il diritto di servitù e quelli scaturenti dall’art. 1117 c.c. (C. di Stato n. 6332 del 2007), la giurisprudenza prevalente afferma l’inesistenza, in capo all’amministrazione, di un autentico obbligo di ricerca di tali limiti, prodromico al diniego del titolo, sul presupposto che all’amministrazione sia inibito qualsiasi sindacato anche indiretto sulla validità ed efficacia dei rapporti giuridici dei privati (Cons. di Stato n. 5894 del 2011; T.A.R. Campania n. 557 del 2017).
Difatti mentre i limiti legali sono destinati ad investire anche il rapporto pubblicistico, quelli negoziali ne esulano e quindi il comune non è tenuto a ricercarli (T.A.R. Campania  n. 30 del 2015).
In sostanza, di norma, nel rilascio di titoli edilizi può ritenersi sufficiente che il Comune verifichi in capo all’istante l’esistenza di un titolo che formalmente lo legittimi al rilascio del titolo abilitante a suo favore, senza dover procedere ad una accurata e approfondita disamina dei rapporti civilistici o a svolgere complesse ricognizioni giuridico – documentali sul titolo di proprietà o di altro diritto reale che si estenda fino alla ricerca di eventuali fattori limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità necessario all’intervento, allegato da chi presenta istanza edilizia.

Tutela del terzo

Il terzo che veda lesa una sua posizione di diritto potrà agire segnalando l’abuso. In ragione dello stabile collegamento con il territorio oggetto dell’intervento può chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti dall’ordinamento (T.A.R. per il Lazio Sent. n. 9083 del 2018), eventualmente avvalendosi del diritto di accesso agli atti abilitativi (C. di Stato n. 85 del 2012). Potrà far valere le proprie ragioni in via civile.
L’eventuale accertamento della legittimità del titolo abilitativo della costruzione, anche se avvenuta da parte del giudice amministrativo, non preclude poi una diversa valutazione della illegittimità della condotta del privato nella controversia intentata da altro privato a tutela del diritto di proprietà.
In sede civile, ricorrendone i presupposti e a prescindere dalla conformità edilizia e urbanistica dell’intervento, potrà essere chiesto il ripristino dell’originaria situazione dei luoghi nonché il risarcimento dei danni (Cass. n. 21947 del 2013).
Le controversie tra proprietari di fabbricati vicini appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che rilevi l’avvenuto rilascio del titolo abilitativo all’attività costruttiva, salvo che la domanda risarcitoria non sia diretta anche nei confronti della P.A. (Cass. n. 166 del 2018 ; Cass. n. 13170 del 2001).
Perciò,il risarcimento del danno per l’illegittimità dei provvedimenti impugnati dal terzo e per l’affermato danno edilizio ed urbanistico può essere chiesto anche avanti il Giudice Amministrativo. In questo caso, va tenuto presente che, secondo un costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, “in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell’onere della prova e non invece l’onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi (T.R.G.A. Sent. n. 267 del 2010) e, a fronte di una richiesta di liquidazione equitativa del danno, il G.A. potrà intervenire solo quando sia stata accertata la sussistenza del diritto e non possa essere fornita la prova precisa limitatamente al quantum.

Conclusioni

In definitiva, le conseguenze delle violazioni edilizie si sviluppano su due piani ben distinti di rapporti giuridici: uno, pubblicistico, tra il soggetto costruttore e gli organi pubblici amministrativi preposti alla prevenzione e repressione degli illeciti, l’altro, privatistico tra lo stesso soggetto e i titolari di diritti soggettivi che possono rimanere lesi dall’attività edificatrice del primo. Poiché i due ordini di rapporti non interferiscono tra loro, la regolarizzazione delle opere dal punto di vista amministrativo, penale e fiscale non può incidere sui diritti dei terzi direttamente pregiudicati dalla attività edilizia (Cass. Sent. n. 992 del 2008). Perciò, ai fini della decisione di controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, è irrilevante il fatto di avere costruito in conformità al titolo abilitativo, non escludendo tale circostanza, in sé, la violazione dei diritti dei terzi di cui al codice civile ed agli strumenti urbanistici locali (Cass. n. 12405 del 2007).